Porto i sandali perché mi piace sentire l'aria nei piedi

È un personaggio singolare, lo scrittore Erri De Luca. Singolare nel suo essere ostico, scabro, nell'utilizzare le parole con una precisione fredda e chirurgica, ma anche commovente e poetica. Nel raccontare con forza aspra i sentimenti quotidiani, nel fare dello scrivere il suo vivere e del suo vivere il suo scrivere. Essenziale, spiazza continuamente il suo interlocutore che nel dialogare con lui, si arrampica come su di una montagna senza appigli. Si tiene in disparte eppure è anche molto presente sulla scena pubblica, in teatro, dove recentemente ha trovato un'altra casa per le sue parole, a conferenze ed incontri pubblici per presentare i suoi libri, in televisione con monologhi dedicati soprattutto ai temi sociali che gli stanno a cuore, come l'immigrazione.
È arrivato tardi allo scrivere, dopo l'impegno nella politica, dove militava nel movimento di estrema sinistra, Lotta continua, il cui leader era Adriano Sofri, e aver vissuto la stagione di passione e violenza della fine degli anni sessanta, dopo aver fatto anche tra gli altri lavori, l'operaio, il camionista, il muratore, in diversi luoghi tra l'Europa e l'Africa. Pubblica il suo primo libro nel 1989, a quarant'anni e raggiunge subito il successo in Francia. Ha imparato da autodidatta lo yiddish e l'ebraico per tradurre la bibbia, che legge ogni giorno per un'ora. Si dichiara non credente. Collabora a diversi giornali e scrive di montagna. È alpinista emerito. È molto seguito dai giovani, che lo considerano un vero e proprio maitre à penser, e dal pubblico femminile. Molti dei suoi libri sono dei veri e propri best-seller, tradotti in numerose lingue.