La RSI

Sotto le Stelle (ticinesi) di Vasco Rossi

Domenica 7 febbraio compie 69 anni il rocker di Zocca. Gli auguri (e i ricordi) di Gianluca Verga

  • 04.02.2021, 16:11

La prima volta fu alle Stelle di Ascona, ed era il 1982. Poi nel corso del tempo, e con assoluta regolarità: Bellinzona, Chiasso, Locarno, ancora Bellinzona, ancora Locarno, Lugano e il resto della Confederazione. Una presenza assidua quella di Vasco in una regione, la nostra, che gli piaceva molto al punto che negli anni ’90 accarezzava davvero l’idea di acquistare casa nel Locarnese. E qualche proprietà l’aveva pure valutata e considerata. Chissà se Alain Scherrer fosse stato già sindaco allora...

“Sai Gianluca, la Riviera romagnola è il paese dei balocchi, trovi tutto e tanto divertimento, quando e come vuoi. Noi italiani siamo caciaroni e anche cialtroni. Qui invece è tutto ordinato, tranquillo, c’è un’altra e alta consapevolezza civica. Ma anche voi quando volete “far baracca” scendete in Riviera”. E giù con gustose e divertite analisi sociologiche. Perché Vasco, oltre che timido e vero, è di una simpatia unica.

E in quegli anni il Locarnese lo conosceva bene, essendo anche legato dall’amicizia col compianto Luca Quattrini, promoter che operava appunto sul Verbano. E col quale sempre nei primi anni '90 andammo una sera a Zocca, a casa sua per festeggiarne il compleanno. Ma questa è un'altra storia.

Le sue performance in Svizzera erano una ghiotta opportunità per raccogliere interviste. Che erano sempre uno spettacolo in quanto Vasco davvero procede per logiche di pensiero peculiari, tutte sue; associazioni di idee, concetti e sillogismi che in apparenza deragliano, virano per poi rientrare nei binari. Divertenti, a volte complessi, profonde, sempre molto veri. Una delle prime interviste avvenne nei camerini del Fevi di Locarno, o forse era l’Espocentro di Bellinzona. Era in ritardo ma volle mantenere l’impegno. La registrai mentre era sotto la doccia. Durante l’insaponamento formulavo la domanda e lui rispondeva; pausa risciacquo, e si riprendeva. Si insaponava, rispondeva, giù uno scroscio d’acqua, un'altra domanda e il microfono che entrava e usciva dalla doccia. Come potete immaginare la prima parte fu “umida e laboriosa”. Poi uscì “biotto come una rana”, gli passai l’accappatoio e la terminammo, con lo staff che rideva.

E rigorosamente in accappatoio mi accolse al termine del concerto a Cornaredo, nel campo laterale. Anzi ci accolse perché chiesi e concesse di farmi entrare con un gruppetto di simpatici fans Mesolcinesi conosciuti li per li che increduli si strinsero in cerchio durante l’intervista. Vasco sembrava una statua del Buddha, seduto in poltrona, un filo appesantito, in accappatoio con noi attorno in cerchio. E che al termine immortalai coi loro apparecchi fotografici. Erano in estasi.

Ma la più intensa la realizzai al termine di una serata leggendaria, che mezzo Ticino ricorda. Il suo oceanico concerto in Piazza Grande a Locarno; così assediata in ogni ordine di posto e oltre che così non si è più vista. Al termine cena con lui, la band e lo staff in un ristorante della Città Vecchia. E forse con la complicità delle abbondanti libagioni annaffiate a dovere l’intervista si rivelò una seduta psicoterapeutica durante la quale Vasco raccontò e si raccontò, tra luci e ombre, tra certezze (poche) e demoni interiori come credo raramente abbia fatto. Col cuore e le viscere in mano. Al punto che il manager chiese di poter aver una copia in quanto non l’aveva mai sentito parlare così.

Un’ intervista che purgata da qualche colorito intercalare di troppo proposi il giorno successivo; realizzando al contempo che anche i suoi silenzi al pari delle “ahh” e delle “ehh” strascicate acquistano significato ampliando e arricchendo i suoi pensieri, la sua narrazione; raccontandocelo compiutamente. Per la cronaca l’intensa serata locarnese non finì certo lì; fecero aprire un locale per fare un po’ di bisboccia fino alle prime luci dell’alba. Ma anche questa è un'altra storia.

Gianluca Verga

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