"Il Libro primo" di Rolf Lislevand, ECM (dettaglio di copertina)
La Recensione

Libertà va cercando ch’è si cara

Per la ECM il recente disco di Rolf Lislevand

  • Ieri
  • 15 min
  • Giordano Montecchi
  • ecmrecords.com
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Sarà forse un’impressione fallace, una sorta di rigurgito postmodernista. Eppure più passano gli anni, più il modo - sempre più disinvolto e meno ingessato - in cui gli specialisti, ma non solo loro, si accostano e ripropongono i repertori musicali anteriori al Settecento (la cosiddetta “musica antica”), sempre più sembra corrispondere a come forse si faceva musica all’epoca. Il xxi secolo che riscopre o rilegge la musica dell’età barocca o del Rinascimento sembra sempre più accentuare una cifra comune, in parte, anche al Cinquecento o al Seicento.

Il discorso vale – se vale – soprattutto per la musica strumentale di corte, solistica o d’assieme, quindi essenzialmente cembali, liuti, archi, fiati in tutte le loro innumerevoli varietà, in un’epoca che ne vide una fioritura a dir poco travolgente e provvidenziale. La concomitante metamorfosi della vocalità trovò infatti nei nuovi strumenti un supporto prezioso e al tempo stesso un contrappeso.

La cifra comune alla quale mi riferisco è essenzialmente la disinvoltura, la “sprezzatura”, la libertà cioè dell’approccio a una musica che all’epoca era musica d’uso, intrattenimento per i sempre più numerosi dilettanti e, di pari passo a loro, i virtuosi che su di essi svettavano e si imponevano.

Tutto questo viene in mente ascoltando Rolf Lislevand, il grande liutista norvegese, eseguire i brani di un recentissimo album edito da ECM e intitolato Il Libro primo. Qui però Lislevand non suona il liuto, ma due suoi parenti stretti: arciliuto e chitarrone, alias tiorbe. Ma prima trascrive, quindi suona e poi improvvisa. Cioè proprio quel che facevano i nostri antenati, prendendosi delle libertà che si fatica a immaginare.

La filologia applicata alla pratica strumentale sempre di più si risolve in un’antinomia: definire i modi della libertà. Uno sforzo forse illusorio, ma felice nei suoi risultati. E forse è proprio questo ciò che conta davvero.

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