Ogni adolescente porta dentro di sé un mondo, fatto talvolta di rabbia, trasgressione, solitudine, o più semplicemente dolore. Emozioni che non sempre trovano spazio o ascolto, ma che ci dicono tanto della fatica di crescere, di cercare il proprio posto nel mondo.
Tanto fragile quanto fondamentale per ognuno di noi, l’adolescenza è una fase di transizione e di costruzione identitaria, spesso segnata da grandi speranze, sogni, ma anche da crisi profonde e disillusioni dolorose.
È quella stagione della vita dove, «l’identità appena abbozzata, non si gioca come nell’adulto tra ciò che si è e la paura di perdere ciò che si è, ma nel divario ben più drammatico tra il non sapere chi si è e la paura di non riuscire ad essere ciò che si sogna». O almeno questo è il pensiero del filosofo e psicanalista Umberto Galimberti.
Un pensiero che – ridotto all’osso – potremmo sintetizzare così: se l’adulto ha paura di morire, l’adolescente ha paura di non esistere. Ma che cos’è davvero l’adolescenza? E quali sono le qualità umane e professionali che deve avere chi, nella Svizzera italiana, lavora a stretto contatto con il disagio e la precarietà che l’accompagnano?
A raccontarcelo e a guidarci all’interno di una realtà spesso invisibile fatta, di Centri Educativi per Minori, i cosiddetti CEM, l’educatrice del progetto Arco Laura Bonetti Reina, lo psicoterapeuta Ilan Gheiler Malamud responsabile terapeutico della comunità socioterapeutica Arco e del progetto PH-2020 della Fondazione Don Guanella e infine, Gian Paolo Conelli direttore della Fondazione Amilcare.
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