La terra di Amleto non ha dubbi: sono gl’insetti la banca delle proteine del futuro. La Danimarca è il paese leader in Europa (insieme all’Olanda) nella cosiddetta bug economy, una filiera che va da laboratori come quelli dell’Insect production center dell’Istituto tecnologico di Aarhus, agli allevamenti nella regione agricola di Flemming, fino alla trasformazione e commercio attraverso start up guidate per lo più da giovani. Una produzione destinata sia al consumo umano che come mangime per polli e pesci. Secondo la Fao allevare e mangiare insetti è l’unico modo per rifornire di proteine in modo sostenibile un Pianeta sempre più affollato. L’attuale produzione di cibo contribuisce per circa il 35 per cento nelle emissioni di Co2. Due miliardi di persone in circa 80 paesi consumano già normalmente duemila specie di insetti. In Danimarca si concentrano per lo più su alcune specie di cavallette, di locuste, di grilli, di larve da mosca, tarme della farina e soprattutto sulla black soldier fly, detta anche “larva-maiale” perché si nutre di scarti animali e vegetali, anche in decomposizione.
Marzio G. Mian ha compiuto un viaggio lungo le varie fasi del processo. Ha incontrato tra gli altri Lars Heckmann, considerato il guru della nuova civiltà insettivora. Dice che il consumo del suolo è 10 volte inferiore rispetto all’allevamento di bovini e suini, quello di acqua cento volte più basso, che un ettaro coltivato a soia ne produce circa tre tonnellate l’anno, ma se utilizzato per l’allevamento in verticale d’insetti come le black soldier produce mille tonnellate di proteine l’anno. Senza dire che quelli che per molti sono esseri repellenti pare contengano grassi buoni, fibre, ferro, rame, zinco. Ed elemento non trascurabile, non c’è il rischio d’incorrere nella fatwa di vegetariani e vegani perché la macellazione della locusta non suscita (per ora) turbamenti.
Il montaggio è di Leonardo Campagnolo.
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