Il 1992 e il 1993 sono stati anni difficili per la storia d’Italia e a tutt’oggi sono avvolti nella nebbia. A 17 anni di distanza le stragi di Capaci e via D’Amelio, in cui persero la vita i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nascondono ancora misteri: ci sono state sentenze di condanna ma un dubbio ha sempre aleggiato su quegli attentati e riguarda la possibile presenza di mandanti occulti. Il sospetto è che gli uomini della mafia agirono anche per conto di qualcun altro, addirittura per conto di uomini dello Stato. Di recente lo stesso Totò Riina ne ha parlato attraverso il suo avvocato: “Con quelle stragi non c’entro nulla – ha detto – c’entrano loro”, lasciando intendere forse con quel “loro” una possibile implicazione di uomini delle istituzioni. Ne è convinto anche il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore, che lancia un’accusa forte: quelle stragi non furono omicidi di mafia, bensì omicidi di Stato. O entrambe le cose. Ne parliamo con
Salvatore Borsellino,
Vincenzo Agostino (padre del poliziotto ucciso insieme alla moglie poco dopo il fallito attentato a Falcone all’Addaura),
Carlo Palermo (magistrato scampato a un attentato di mafia a Trapani) e
Giovanni Bianconi (giornalista del Corriere della Sera)

Falcone e Borsellino. Stragi di Stato o stragi di mafia?
Laser 11.11.2009, 01:00
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