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Sul treno di Greta

di Marzio G. Mian

  • 30.06.2020
  • 24 min
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Il primo inverno al tempo della flygskam, la “vergogna di volare”. Tutto è cominciato con la contraerea del movimento fondato a Stoccolma più o meno un anno fa, tra i fondatori Malena Ernman, mezzosoprano e mamma di Greta. Ricordate? Per andare a pronunciare il suo j’accuse all’Onu, Greta ha attraversato l’Atlantico su uno yacht a vela. Una sorta di boicottaggio degli aerei, responsabili di produrre tra il 2 e il 3 per cento delle emissioni di Co2 nell’atmosfera e il 12 per cento di tutte quelle generate dai mezzi di trasporto nel mondo. L’alternativa principale, il caro, vecchio treno: ogni passeggero che decolla produce 285 grammi di Co2 al chilometro, contro i 14 grammi di chi viaggia sui binari. Così che nell’ultimo anno in Svezia secondo il WWF il 23 per cento della popolazione ha rinunciato all’aereo e i dieci principali aeroporti del Paese segnalano un calo della vendita di biglietti dell’otto per cento in sei mesi; mentre le ferrovie incassano un aumento di quasi il nove per cento sulle tratte nazionali.

Marzio G. Mian ha così sperimentato il grande ritorno del treno con un viaggio nello struggente incanto invernale scandinavo da Oslo a Stoccolma, risalendo la Norvegia fino a Narvik e raggiungendo la capitale svedese scendendo attraverso la taiga lappone, tremila chilometri in 5 giorni. Sono i passeggeri a testimoniare la loro protesta e la loro riscoperta di un mezzo che “non toglie tempo ma lo regala”, come dice un regista norvegese diretto a Bodø: avrebbe potuto volarci in 75 minuti da Oslo, invece si sobbarca 16 ore di treno con cambio a Tronheim. E i capotreno manifestano la loro felicità per l’improvviso superlavoro. In Svezia prendere l’aereo per raggiungere località esotiche è diventato un tabù, “non lo diciamo nemmeno ai parenti”, confida una famigliola. Si chiama “smygflyga”, volare in segreto.

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