Figura centrale nel panorama operistico internazionale che ha messo in scena titoli dal barocco al contemporaneo con spettacoli non convenzionali molto apprezzati ma spesso anche molto discussi, Damiano Michieletto riflette con noi sul ruolo della regia nell’opera oggi nonché sulle sue esperienze dietro la macchina da presa e nelle vesti di direttore artistico. Il rispetto dell’opera, racconta, non coincide con una ripetizione filologica, ma con la capacità di offrire una lettura intelligente, coerente e vitale: ogni regia è una drammaturgia autonoma, un “secondo libretto” che nasce dall’ascolto della musica e dalla rilettura del testo con l’obiettivo di restituire la forza e l’attualità dei temi originari. Per il cinquantenne regista veneziano l’opera sulla scena germina sempre nella condivisione con i suoi collaboratori nonché con direttori e cantanti, spesso curiosi e generosi; le recensioni negative servono, i fischi sono segno di vitalità, il pubblico non va blandito ma rispettato, anche e soprattutto tramite la precisione di ogni elemento dello spettacolo, la via imprescindibile per riconoscere e trasmettere il valore dell’arte.
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