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Voi che sapete...

“Mamma li turchi”

Ovvero la curiosità per il “diverso”

  • 11.06.2025
  • 34 min
  • Alessandro De Rosa e Giovanni Conti
  • Imago Images
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L’assimilazione del nemico nelle turcherie sette e ottocentesche come strumento intelligente di risoluzione dei conflitti. La chiave? La curiosità per il diverso.

Tra Sette e Ottocento, l’Europa vive grandi trasformazioni: l’Impero Ottomano, più che come minaccia militare, si impone come presenza culturale. Mentre la politica si irrigidisce, artisti e mercanti colgono l’occasione per creare contatto e scambio. Le “turcherie” invadono teatro e moda: il turco stereotipato, buffo e ubriacone, diventa figura comica e familiare nelle opere di Haydn, Mozart (Il ratto dal serraglio), Rossini (L’italiana in Algeri, Il turco in Italia), stimolando una forma di integrazione ironica e popolare.

L’orientalismo entra anche nell’architettura: il Royal Pavilion di Brighton fonde stili saraceni e indiani. Owen Jones studia l’Alhambra e pubblica rilievi dettagliati grazie alla cromolitografia, influenzando generazioni di artisti. In Italia, Castello di Sammezzano e Rocchetta Mattei rielaborano l’estetica orientale, come anche Fortuny con sete e lampade.

Delacroix, dopo un viaggio in Marocco nel 1832, restituisce un oriente più autentico, fatto di schizzi e colori intensi. Intanto in Andalusia nasce il flamenco, espressione intima della cultura gitana, poi diffuso nei cafés cantantes. Il jazz, arte dell’incontro, riprende questi influssi: Blue Rondo alla Turca di Brubeck e Sketches of Spain di Miles Davis ne sono esempi.

Alessandro De Rosa e Giovanni Conti ne discutono con la storica dell’architettura Silvia Berselli e Lorenzo Coppola, il clarinettista e docente di clarinetto storico e di musica camera presso la Escola Superior de Música de Catalunya a Barcellona.

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