Il compositore austriaco Arnold Schönberg (1874-1951)
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Schönberg: il paradosso

La musica del compositore austriaco incastonata nel giudizio della contemporaneità

  • 17.11.2023
  • 30 min
  • Paolo Borgonovo e Giovanni Conti
  • Imago Images
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L’opera 23, del 1923 un cortocircuito numerologico per celebrare i cento anni da una pubblicazione di rilevo epocale, quella dei “Cinque pezzi per pianoforte” di Arnold Schönberg.
In questi brani il compositore, dopo anni di esperimenti per superare la tonalità, mette a punto il sistema di organizzazione dei suoni (vedremo insieme se si possa definire “tecnica compositiva”) che è passato alla storia con il nome di dodecafonia: il quinto pezzo, un Walzer che stravolge il senso tradizionale della danza, costituisce il primo annuncio di composizione dodecafonica che Schönberg abbia reso pubblico.
Al di là dell’importanza storica, dobbiamo ammettere che la musica di Schönberg produce un curioso paradosso.
A distanza di un secolo, è ancora percepita come “musica contemporanea”, nel senso quasi gergale che questa parola ha ormai assunto, come se la “contemporanea” non fosse l’arte dei nostri giorni, bensì un genere di musica dissonante e sgradevole all’udito, astrusa, per pochi esperti, percepita come “di rottura” o associata alla rappresentazione degli orrori della modernità: a tutt’oggi, il vecchio Schönberg è il terrore degli organizzatori di concerti, che lo programmano con molta parsimonia, dando per scontato che il pubblico lo associ all’avanguardia più ostica, che si ascolta per interesse intellettuale e che si applaude per cortesia e per premiare l’impegno dei musicisti.

Per far chiarezza in questo paradosso, Paolo Borgonovo e Giovanni Conti hanno invitato due musicologhe: Ingrid Pustijanac, docente all’Università di Pavia, esperta dei processi creativi della musica contemporanea, e Gaia Varon, voce nota di Rete Due oltre che della RAI italiana.   

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