Da bambino, per me l’idea del Carnevale non era legata a scherzi, veglioni danzanti e cortei mascherati. Era invece strettamente correlata al cibo. Dal giovedì sera fino al martedì grasso, infatti, a Chiasso era possibile mangiare gratis almeno una volta al giorno. Una prospettiva che, da ragazzini, ci rendeva folli. In banda, dunque, si giravano tutti i rioni e ci si metteva in fila per ricevere il nostro bravo rancio carnascialesco. Inutile dirlo, consumata la prima porzione, tornavamo ad incolonnarci per elemosinare altra roba fin quasi a scoppiare. Il primo che si arrendeva, vinceva una scarica di manganellate da ricordare fino alla seguente edizione del Nebiopoli. Merluzzo, maccheroni, busecca, ma soprattutto il risotto preparato dagli Urani, e naturalmente vagonate di gnocchi al ragù, distribuiti al Lazzaretto militare di Via Guisan, che era un po’ la Via Paal di tutti noi figli di ferrovieri e guardie di confine.
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Al carnevale per mangiare
a cura dello scrittore Stefano Marelli
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