Lo storico del colonialismo italiano, Angelo Del Boca, affermava che “per una parte non infima degli italiani il passato africano si è come pietrificato, e non c’è revisione critica che possa scalfirlo". Il romanzo di oggi cerca di esprimere in forma narrativa l’indicibile, raschiando con vigore la superficie arrugginita di una montagna fatta di bugie, e mezze verità.
Ciao, mi chiamo Michela e sono dottoranda in italianistica alla Ohio State University, negli Stati Uniti.
Oggi vi propongo il libro Sangue giusto, di Francesca Melandri, pubblicato da Rizzoli nel 2017 e selezionato al Premio Strega al 2018 nonché vincitore del premio Sila ’49.
Francesca Melandri è una scrittrice e sceneggiatrice italiana. Sangue giusto è il suo terzo romanzo che ha ricevuto molta attenzione all’estero, ma non ha avuto molta fortuna in ambito italofono; forse perché è uno di quei libri che ci mette un po’ a disagio e ci pone davanti a questioni del passato che riguardano non solo un piccolo gruppo di persone, ma un paese intero. Partendo dai luoghi comuni dell’avventura coloniale italiana, che tentano di dare un’immagine positiva e rappresentare lo stereotipo degli “Italiani brava gente”, Melandri sposta invece l’ attenzione sull' ammasso di corpi, schiavi e figli bastardi nascosti dietro narrazioni romanzesche e paesaggi lussureggianti.
Il romanzo si svolge principalmente in Italia tra il 2010 e il 2012, ma anche in Etiopia, tra il 1936 e il 1940. La storia comincia con la protagonista, Ilaria Profeti, imbattersi sul pianerottolo di casa con un giovane etiope, Shimeta Ietmegeta Attilaprofeti che afferma di essere nipote di Attila Profeti, il padre novantenne di Ilaria. Questa rivelazione, spingerà la donna a cercare risposte sul passato (e presente) razzista di suo padre e le menzogne che lui e la sua generazione hanno contribuito a costruire circa i crimini commessi nelle colonie italiane durante il fascismo.
Narrare questo doloroso passato della famiglia Profeti non è facile, ma Melandri lo fa con uno stile quasi cinematografico, che guida agevolmente la lettrice attraverso una parte di storia italiana che è ancora poco esplorata. In fondo è complicato raccontare un’Italia che non vuole fare i conti con la propria eredità coloniale. Melandri riesce anche a svelare come l’ossessione italiana per la purezza della razza e il “sangue giusto” non siano davvero dei concetti che ormai fanno parte del passato. Infatti, nel cercare di aiutare Shimeta, Ilaria scoprirà presto che, se il ius sanguinis stabilisce il diritto di cittadinanza per i figli di italiani, per chi ha la pelle scura avere il “sangue giusto” non basta:
“Articolo 3 della legge 882 del 13 marzo 1940: Il meticcio non può essere riconosciuto dal genitore cittadino. Al meticcio non può essere attribuito il cognome del genitore cittadino. Articolo 5: Il mantenimento, l’educazione e l'istruzione del meticcio sono a totale ed esclusivo carico del genitore nativo. ”
Sangue giusto è un romanzo storico, avvincente e intenso, perfetto per chi ama il genere e per chi vuole approfondire questioni legate alle conseguenze passate e presenti del colonialismo.
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