A partire dagli anni ’50, qualcosa comincia a muoversi anche dentro le mura del manicomio di Mendrisio. È l’era del boom della chimica: i nuovi farmaci neurolettici iniziano a cambiare il volto della psichiatria. Elettroshock e lobotomia non spariscono, ma la promessa della farmacologia sembra aprire nuovi orizzonti: contenere i sintomi e immaginare una cura meno brutale. Eppure, a Casvegno, le porte restano chiuse e le regole rigide. L’istituzione manicomiale resiste, mentre una nuova generazione di operatori, medici e infermieri giovani e pieni di ideali, comincia a porsi domande scomode. Intanto, altrove, si sperimentano vere rivoluzioni. In Francia nasce la psicoterapia istituzionale, un’idea tanto semplice quanto radicale: non basta curare i pazienti, bisogna trasformare l’intera struttura della cura. In questo fermento entra in scena Ettore Pellandini, giovane di Arbedo con una passione travolgente per il teatro. A Parigi Ettore si immerge nei movimenti artistici e psichiatrici più innovativi del tempo. Diventa collaboratore di Jean Oury, figura centrale della clinica di La Borde, e sperimenta un modo nuovo di stare con la sofferenza mentale, attraverso il teatro, l’arte, la relazione. Ma mentre in Francia l’istituzione viene messa in discussione dalle fondamenta, a Mendrisio il vecchio manicomio è ancora ben saldo. Ci vorrà un punto di contatto, un passaggio di idee, per aprire finalmente anche a Casvegno una breccia nel muro dell’isolamento.
Scopri la serie
https://www.rsi.ch/s/2960270