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Voto svedese ad alta tensione

I partiti storici temono la destra populista

  • keystone
  • 10.9.2018
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Non gode della maggioranza assoluta ma il partito socialdemocratico svedese, alleato con i verdi, e grazie ad accordi ad hoc con i partiti borghesi, è riuscito a mantenere la navigazione della nave governativa. Il voto per il rinnovo del Parlamento di questa domenica potrebbe però rimettere in causa la pluridecennale politica sociale messa in campo dai diversi governi a trazione social-democratica. Il pericolo viene dagli Svedesi Democratici (SD), una formazione populista di destra radicale, dichiaratamente anti-immigrati, che è riuscita a cavalcare il malcontento che attraversa il paese scandinavo.

Al centro della campagna elettorale, vi è infatti stato il dibattito sulla presenza degli stranieri e sul come frenarne l'arrivo di nuovi. Nel 2015 la Svezia ha accolto più di 160'000 nuovi migranti, una cifra imponente che determinato la nascita di un certo malcontento. Le misure correttive degli anni successivi non sono riuscite a convincere tutti i 10 milioni di abitanti che hanno via via dato credito agli Svedesi Democratici, che denunciavano - con toni spesso violenti - i problemi dell'integrazione, tra segregazione residenziale e gang criminali. Il partito guidato dal giovane leader Jimmie Akesson è così riuscito ad allargare la propria base elettorale che dal 12% di 4 anni orsono potrebbe passare – secondo gli ultimi sondaggi - al 20%, diventando così la seconda formazione del Paese dopo i social-democratici, in perdita di velocità.

Nessun altro partito storico, al momento, ha dichiarato la propria disponibilità alla formazione di un’alleanza di governo con l’SD ma l’esito di queste elezioni potrebbe anche far cambiare le scelte politiche. Con quali conseguenze?

Per parlarne a Modem intervengono:

Paolo Borioni, storico e professore all’Università La Sapienza di Roma;

Tomas Miglierina, corrispondente RSI a Bruxelles;

Simone Scarpa, sociologo e ricercatore all’Università Linköping (Svezia);

Marco Tarchi, politologo e professore all’Università di Firenze.

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