Una sorta di robot da indossare in grado di potenziare le capacità fisiche della persona che l’ha addosso: questo il concetto alla base dell’esoscheletro, che per anni è stato parte della fantascienza per il grande pubblico.
I primi prototipi, nel mondo reale, sono stati sviluppati già negli anni ’60, pensati per applicazioni militari. Per anni non sono stati compiuti grandi passi avanti, ma con i primi progressi si è allargato anche lo spettro di applicazioni di questa tecnologia, dal mondo del lavoro al sostegno ai soccorritori, passando per l’aiuto a persone con difficoltà motorie.
È proprio in questo campo che la SUPSI ha lavorato con MovAiD, un progetto condotto con altri 13 partner europei. I ricercatori dell’Istituto sistemi e tecnologie per la produzione sostenibile, del Dipartimento tecnologie innovative, si sono occupati del lato informatico dell’esoscheletro, in grado di raccogliere dati sul suo utilizzo, avvertire l’utente in caso di movimenti pericolosi o chiedere di effettuare calibrazioni e verifiche.