Quello di Lorenzo Reina è un lungo percorso fortemente marcato dalla simbiosi tra bellezza naturale e poesia. Unico figlio maschio, Lorenzo era destinato a fare il pastore continuando la tradizione familiare, ma oggi la sua vita si divide tra agricoltura, allevamento di asine, cultura, scultura e arte.
L’amore per le proprie radici da un lato e la fame di poesia dall’altro lo hanno condotto dalla pastorizia alla scultura sino a esporre i suoi disegni e le foto delle sue opere alla Mostra internazionale di Architettura, Arcipelago Italia, della XVI Biennale di Venezia svoltasi lo scorso anno. Mantenendo la promessa fatta al padre di rimanere a vivere nell’entroterra siciliano, a Santo Stefano Quisquina, da autodidatta è riuscito a creare un microcosmo fatto di andirivieni tra passato e presente, di vite parallele e di sistematiche evoluzioni.
Tra le letture e il gregge, le mani di Lorenzo cominciarono a creare dapprima con il legno e poi con la pietra. Oltre a numerose realizzazioni scultoree, la sua vocazione porta il pastore visionario a costruire in 30 anni, pietra dopo pietra, il Teatro Andromeda, proprio nel luogo in cui da bambino portava a pascolare le pecore. “Una collina in cui persino le pecore si azzittivano ammaliate dall’incanto della bellezza naturale”. Oggi quelle pecore, trasformatesi in stelle, e quei luoghi sospesi tra terra e cielo attirano l’attenzione di numerosi visitatori e artisti provenienti da tutto il mondo che ricevono in regalo le emozioni uniche di un teatro che “guarda l’infinito” e che “come un’astronave si dirige verso la costellazione di Andromeda”.
Dario Lo Scalzo