Registrato in casa a San Francisco, On This Day è l’ottavo album solista di Tony Molina in undici anni, ma il primo (del 2014) era stato preceduto da un’attività almeno decennale in una pletora di gruppi indie della Bay Area (Dystrophy, Ovens, Lifetime Problems, Caged Animal, Violent Change, i nomi sono suggestivi, no?). A pochi giorni dall’uscita i critici specializzati sono concordi nell’affermare che si tratta dell’album “più Molina” di tutti, e anche il più bello. Sono ventuno canzoni e brani strumentali, della durata media di un minuto, con la voce e le chitarre di Molina (autore di quasi tutte le tracce), più qualche aiuto da parte dei collaboratori con cui si esibisce dal vivo. Un registratore analogico a otto piste da mezzo pollice, chitarre elettriche e acustiche (con una presenza frequente della 12 corde), il Mellotron, la tromba, l’organo Hammond, il piano, il basso, la batteria: già soltanto l’organico strumentale suggerisce di andare al periodo tra la metà del 1964 e la metà del 1966, con i Beatles, i Byrds, il Dylan elettrico, i Beach Boys di Pet Sounds, ed è proprio così, salvo che le miniature di Molina sembrano delle versioni ridotte, delle demo saltate fuori da qualche cassetto. La forma è spesso ABA, dove B a volte è un assolo strumentale, e fa uno strano effetto, perché suggerisce la struttura che riconoscevamo in tante canzoni di quel periodo, AABABA, in assenza del minuto e mezzo che manca. Ma non basta, perché Molina deve aver assorbito lo stile dei principali autori pop della metà degli anni Sessanta fin da quando non era ancora nato, e le melodie e le sequenze di accordi (e il modo di suonare la chitarra, e le armonie vocali) gli vengono fuori con una naturalezza sfacciata. Un gioco di società inevitabile, mentre si ascoltano i brani di On This Day, è di riconoscere quale frase viene da Yesterday, quale da God Only Knows, quale da Mr. Tambourine Man, eccetera. Le canzoni nell’album si avvicendano senza pause, e anche nella sequenza si coglie un lavoro sapiente: tre canzoni, una dopo l’altra, tutte nella stessa tonalità, e poi un contrasto, un altro, e poi il ritorno all’omogeneità, poi uno stacco strumentale, eccetera. Di fatto, l’unità temporale percepita ascoltando On This Day è costituita dai circa 23 minuti del totale, più che il minuto o giù di lì di ogni singola canzone. In puro stile indie (se ne esiste uno) Molina non dà peso a queste sottigliezze, ma non è proibito accorgersene. Bravo.
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