Il 4 aprile l’esercito nazionale libico avanza verso la capitale, Tripoli, dove ha sede il governo riconosciuto a livello internazionale. A dare l’ordine l’uomo forte del paese, il generale Khalifa Haftar, che da anni controlla la Cirenaica e mira a conquistare la Tripolitania. La sua manovra blocca il processo per l’unificazione del paese, promosso dall’ONU, e rischia di sfociare in una sanguinosa guerra civile.
Il suo antagonista, Fayez al-Serraj, primo ministro del governo di unità nazionale ha promesso di difendere Tripoli, accusando Haftar di aver lanciato un colpo di stato. Haftar ribatte affermando che il suo obiettivo è quello di ripristinare la sicurezza e contrastare le bande armate islamiste.
La Libia, affacciata sulla costa meridionale del Mediterraneo, è un paese desertico, ricco di petrolio e conosciuta per i 42 anni di dittatura del colonnello Muammar Gheddafi, il cui governo è stato rovesciato nel 2011.
Qual è il ruolo delle potenze estere in questa crisi? Quanto è grande il rischio di veder risorgere un nuovo Gheddafi? Questo clima di instabilità potrebbe veramente favorire l’ascesa dei gruppi jihadisti, come temuto da molti paesi? E considerando che la Libia negli ultimi anni è stata un trampolino di lancio fondamentale per i profughi diretti in Europa, quali sono le possibili conseguenze sulle rotte migratorie? E il braccio di ferro tra Roma e Parigi per il controllo delle risorse petrolifere quanto indebolisce l’Europa?
Per discutere di tutto ciò a Modem intervengono:
Marc Semo, responsabile affari esteri e diplomazia del quotidiano Le Monde
Flavio di Giacomo, portavoce per il Mediterraneo dell’Organizzazione mondiale della migrazione
Vincenzo Nigro, invito del quotidiano La Repubblica Tripoli
Arturo Varvelli, specialista della Libia e ricercatore all’ISPI
Modem su Rete Uno alle 8.20, in replica su Rete Due alle 19.25. Ci trovate anche sul Podcast e sulle app: RSINews e RSIPlay
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