Dopo Basilea, anche San Gallo rinuncia al progetto geotermico per sfruttare il calore nel sottosuolo. Una decisione molto difficile presa dalle autorità comunali in conseguenza delle difficoltà tecniche riscontrate e al terremoto di magnitudo 3,5 sulla scala Richter causato il 20 luglio dello scorso anno dai lavori di trivellazione a 4mila metri di profondità. Nel 2010, per finanziare il progetto, i cittadini di San Gallo avevano stanziato un credito di 160 milioni di franchi.
Cade così l’idea di costruire una vera e propria centrale geotermica per la produzione di corrente elettrica e per alimentare i riscaldamenti di buona parte delle abitazioni di San Gallo. Nonostante l’insuccesso di Basilea (progetto abbandonato in seguito al terremoto dell’8 dicembre 2006) e ora di San Gallo, gli esperti di geotermia non disperano. La tecnologia per lo sfruttamento del calore terrestre in profondità è ancora agli esordi, spiegano, e altri progetti (come quello europeo di Soultz-sous-Forêts in Francia, e soprattutto i progetti geotermici di dimensioni e a profondità più contenute, come quelli di Rien alla periferia di Basilea) già funzionano senza problemi. La titolare della cattedra di geotermia a Neuchâtel, Eva Schill, ricorda inoltre che nell’industria petrolifera soltanto un progetto su otto diventa produttivo, mentre nella geotermia in Svizzera siamo ben più avanti. E gli esperti in ogni caso concordano: dai due progetti abbandonati, bisogna saper trarre i dovuti insegnamenti e guardare a vanti, perché il calore della terra continua ad offrire molte opportunità per l’avvenire energetico della Svizzera.
Ne parliamo a Modem con il professor di sostenibilità applicata alla Supsi Daniel Pahud, il sismologo ETH Domenico Giardini, e la geologa nonché Consigliera nazionale PPD Kathy Riklin.
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