Sono per lo più manifestazioni pacifiche, con cori da stadio, che da venerdì 22 febbraio interessano tutto il Paese, non solo la capitale Algeri. C’è chi parla di un nuovo risveglio del popolo algerino, improvviso e inatteso dal regime al potere, che si aspettava (mancando di fatto candidature alternative) un’ulteriore e silenziosa riconferma del vecchio presidente Abdelaziz Bouteflika.
Ma si sono avute anche scene violente, di guerriglia urbana, decine di arresti e decine di feriti tra le forze dell’ordine e i manifestanti, soprattutto quando la polizia ha impedito ai manifestanti di raggiungere il palazzo del parlamento. Movimenti di protesta, insomma, contrari ad assecondare il tentativo di imporre per la quinta volta un presidente oggi dimezzato (o forse più).
Abdelaziz Bouteflika è infatti costretto del 2013 su una sedia a rotelle a causa di un ictus che ne condiziona tutt’ora pesantemente la sua autonomia (spesso all’estero a farsi curare in cliniche e ospedali, e le ultime informazioni parlano di un presidente in cure intensive). E non si sa nemmeno bene in che misura sia minata anche la sua capacità di reggere le sorti di un paese che sembra ormai deciso a voltare pagina.
Chi protesta non intende più accettare un presidente che non governa, considerato soltanto un prestanome manipolato da un ristretto gruppo di persone a lui vicine che decidono al suo posto. Tra queste persone, si pensa al fratello Said Bouteflika e il generale Ahmed Gaïd-Sala. Secondo il New York Times, farebbero parte «di una gerontocrazia rimasta al potere dalla guerra di indipendenza di quasi sessant’anni fa».
Modem ne parla con:
Caterina Roggero, storica del nord-africa, co-autrice della nuova edizione di "Storia dell'Algeria Indipendente" di Gian Paolo Calchi Novati
Chawki Senouci, algerino, giornalista, responsabile redazione esteri di Radio popolare, a Milano
Karim Metref, scrittore, giornalista free lance, berbero, già attivo politicamente in Algeria
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