Sarah Palin negli anni ha prestato mani e strumenti ad artisti svizzeri come OneSentence.Supervisor (di cui è stata batterista) o Kusk K e gli americani BoyToy, per i quali ha suonato il basso. Eppure, nell’anima di questa polistrumentista aleggiava un sentimento di mancanza: quello delle radici. In sintesi, serviva un rifugio.
Sarah Palin il rifugio se l’è costruito con Palinstar e ne parla nel suo album di debutto “Backtrain Places” (Mouthwatering Records) l’album heart-rock (“heart” come il cuore) di un’artista che ama il grunge, il kitsch e ogni cosa che sta tra Mica Levi e Chappel Roan.
Palinstar è un condensato indie rock di grandi melodie, testi essenziali e una voce sensuale che parla di auto-apprendimento, cura di sé, trasformazione e sensibilità. E c’è una curiosità: alcuni testi sono tradotti letteralmente dallo svizzero tedesco all’inglese, a cominciare dal titolo dell’album. Sono modi di dire inglesi inesistenti che si possono scoprire ascoltando le 9 canzoni di questo primo e consistente esercizio.
“Backtrain places” di Palinstar è una capsula del tempo che trasporta piccole gemme maturate nel corso di tanti anni e che ne raccontano la storia.
Sandra Romano ha incontrato Sarah Palin a Zurigo.

Scopri la serie
https://www.rsi.ch/s/703631