Plinio Martini, scrittore
Millevoci

Il tempo, la lingua e i luoghi di Plinio Martini

Di Isabella Visetti

  • 31.08.2023
  • 42 min
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Il volume pubblicato qualche mese fa da Casagrande per celebrare i cento anni della nascita di Plinio Martini (1923-1979), intitolato Com’era bello di giugno a Roseto, che raccoglie cinque racconti inediti, è in testa alla classifica dei libri più venduti quest’estate nella Svizzera italiana. Anche il suo Il fondo del sacco, uscito con una nuova copertina, dopo l’edizione commentata del 2017, è un campione di vendite, un libro ancora molto letto e apprezzato.

Ora un convegno di studi alla Biblioteca cantonale di Locarno, organizzato venerdì 8 e sabato 9 settembre 2023 dal Comitato per il centenario della nascita di Plinio Martini, celebra questo importante autore svizzero di lingua italiana del Novecento, una figura che ha lasciato un segno e non solo sotto il profilo letterario.

Maestro di professione, prima a Cavergno e poi a Cevio, Plinio Martini, conosce la vita dura e misera di contadini e allevatori, la loro fatica quotidiana che descrive con la sua penna in maniera vivida. Nei suoi scritti di impegno civile, contro lo sfruttamento idroelettrico e a favore di una tutela del patrimonio storico e ambientale delle valli, illumina l’altra faccia del progresso e della modernità. Questa tensione, insieme alla ricerca di una lingua aderente alla realtà e al sentire della gente, si ritrova anche ne Il fondo del sacco, un affresco storico e sociale di un’epoca che sta volgendo al termine, dove Plinio Martini sa pennellare magistralmente i sentimenti contrastanti che ogni cambiamento porta con sé.

Dove si ritrovano in Bavona gli angoli descritti da Plinio Martini? Cosa ci dice il suo incessante lavoro sulla lingua? Quale era il contesto sociale e politico dove si è mosso questo scrittore molto impegnato?

A Millevoci lo raccontano:
Orazio Martinetti,
storico e giornalista
Mattia Pini, docente e co-curatore dell’edizione commentata de Il fondo del sacco, Casagrande, 2017
Rachele Gadea Martini, coordinatrice Fondazione Valle Bavona

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