“Sei mesi, tanto era durata l’indagine di Darcus Beese”. No, non è l’incipit di un legal thriller o di un hard-boiled. È la storia (vera) della scoperta di uno dei più grandi talenti degli ultimi decenni.
La storia fa più o meno così: Darcus Beese è da un po’ che si arrovella sul mistero, per la precisione da quando ha sentito per la prima volta una registrazione con
quella voce. “Chi diavolo è questa ragazza???”. Gli interlocutori ribattono con un cortese ma fermo “Non possiamo dirtelo, è un segreto”. Non hanno fatto i conti con la sua determinazione. Alla fine, dai e dai, svela l’arcano. Era custodito bene il tesoro, ma grazie a Darcus - in versione Sherlock, senza l’ausilio di Watson - il tesoro diventa patrimonio di tutti. E anche un po’ suo, perché Darcus non è un mecenate disinteressato: è uno scopritore di pepite, di diamanti grezzi, è alla ricerca di talenti per la casa discografica per cui lavora, la Island Records.
Il diamante - che gli interlocutori, titolari di un’agenzia di management, volevano tenere per sé; difficile dare loro torto - non ha nemmeno vent’anni. È una pietra grezza e raffinata allo stesso tempo, proprio come la sua voce, che passa con nonchalance dalla carta vetrata al velluto.
Breve identikit del diamante grezzo: viene da una famiglia ebrea di origine bielorussa, figlia di un tassista e di una farmacista; è cresciuta in un sobborgo di Londra. La scuola non fa per lei; la musica sì, soprattutto quella black (tutta, dal jazz all’hip-hop, passando per blues e soul).
La cocciutaggine di Darcus alla fine paga. La ragazza firma per l’Island Records e nell’ottobre del 2003 esce “Frank”, primo album di Amy Winehouse.
È il primo capitolo scintillante di una carriera straordinariamente intensa e breve. Le luci sono tante: la voce, le canzoni, i grandi successi, le esibizioni memorabili, i premi: ben 5 Grammy Awards col suo secondo album del 2006 “Back to Black”, un exploit che condivide con altre quattro cantanti (e che cantanti! Lauryn Hill, Alicia Keys, Norah Jones e Beyoncé).
Le ombre sono anche di più: la dipendenza da droghe e alcool, i disturbi alimentari, gli attacchi depressivi, gli amori complicati. Il 23 luglio del 2011 questa miscela di rara tossicità la porta a far parte del “Club dei 27”, una congrega che annovera tra i propri membri gente come Jimi Hendrix, Jim Morrison, Janis Joplin, Kurt Cobain, Brian Jones e Robert Johnson (la leggenda del blues, quello del “contratto col diavolo”), tutti morti a 27 anni.
L’incertezza avvolge l’ultimo capitolo della sua storia. Per gli investigatori l’ipotesi più accreditata per il decesso è l’abuso di alcool, assunto in quantità eccessiva dopo mesi di astinenza, ma non è stata trovata alcuna evidenza della volontarietà dell’atto.
L’ unica certezza che ci rimane è la bellezza della sua voce e la forza della sua musica, una miscela, questa sì perfetta, di
anima e corpo. Proprio come quel brano – lo standard “Body and Soul” – apparso sull’ultimo album “Lioness: Hidden Treasure”. Lo cantava con un signore – l’immenso Tony Bennett, vero e proprio gigante del jazz scomparso pochi mesi fa - che di lei ha detto: “
Era l'unica che davvero sapeva cantare in quello che io chiamo il "modo giusto", era una grande cantante jazz...”.
Il ricordo in Alphaville (Rete Due, 14.9.2023) della cantante britannica a cura di Lina Simoneschi e Sergio De Laurentiis.
Alphaville 14.9.23 - Amy Winehouse
RSI Cultura 14.09.2023, 13:45
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