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Let’s get it on: il sesso e la salvezza

28 agosto 1973 – 28 agosto 2023: 50 anni dal capolavoro di Marvin Gaye, figlio dell’ennesima crisi della sua esistenza. Ma soprattutto dei suoi problemi familiari, sentimentali e sessuali

  • 28.08.2023, 17:49
  • 14.09.2023, 09:03
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Di: Michele R. Serra 

C’è qualcuno che dice che a ogni crisi corrisponde una grande opportunità, e per quanto la regola non sia applicabile a noi comuni mortali, è probabile valga per i geni. Che per carità, è una categoria sfuggente e opinabile, ma comprende senza dubbio uno come Marvin Gaye.
Gaye che all’inizio degli anni Settanta era già riconosciuto come genio, eppure si trovava senza dubbio in mezzo a una difficile crisi esistenziale. Il decennio si era aperto con la morte dell’amica e partner di decine di hit Tammi Terrell, uccisa da un tumore a neanche 25 anni. Gaye era sprofondato in una depressione a cui aveva reagito componendo uno dei suoi più incredibili capolavori, What’s Goin’ On. Quel disco aveva cambiato il corso della storia, era stato un fenomeno commerciale e un successo di critica immediato che aveva rivoluzionato il modo di concepire l’idea stessa di album. Ma quel successo era diventato una nuova zavorra, quando nella vita di Gaye si era affacciata una nuova crisi: la disintegrazione del suo matrimonio con Anna Gordy, figlia del boss della Motown Berry, che aveva causato a Gaye una forma di blocco dello scrittore dettata dall'angoscia.
Dopo tanti cambiamenti, Gaye si trovava di nuovo in una palude, mentre anche la sua carriera musicale lo riempiva di preoccupazioni: doveva in qualche modo cercare di conciliare l'integrità artistica, l’anima indipendente di What's Going On, con quella commerciale dei duetti con Diana Ross prodotti dalla Motown. Le sostanze consumate in quantità – cocaina in primis – non lo aiutavano certo a reagire razionalmente. Nel 1973, Marvin fu arrestato sulla Sunset Strip a Los Angeles per possesso di erba, e anche se gli avvocati della Motown lo tirarono fuori nel giro di poche ore, il fatto rende bene l’idea del suo stile di vita in quel periodo. Dubbi sentimentali, economici, musicali, esistenziali. Che sarebbero stati superati proprio insieme al capolavoro sfornato nell’agosto del 1973, Let’s get it on.
O meglio: più che superati, sostituiti. Ridimensionati da una nuova ossessione che l’avrebbe accompagnato fino alla morte. Un'ossessione romantica, sensuale, che lo avrebbe posseduto totalmente, cambiando la sua musica, alterando la sua vita, rendendo secondarie tutte le altre questioni. L'ossessione era una ragazzina, che secondo le leggende entrò nello studio della Motown proprio mentre Gaye stava registrando Let's Get It On.

Lei era Janis Hunter, e Marvin Gaye avrebbe cantato per lei da quel giorno in avanti. Era la donna che lo avrebbe ispirato, e che lo avrebbe portato vicino alla follia.
Janis era figlia di amici di famiglia di Ed Townsend, l’autore con cui Gaye stava collaborando per Let's Get It On (e i cui eredi avrebbero fatto causa a Ed Sheeran per Thinking out loud, ma questa è un’altra storia). Il padre di Janis era Slim Gaillard, jazzista di fama che aveva avuto un certo successo negli anni Trenta con Flat Foot Floogie. Janis aveva sedici anni. Marvin trentatré, ed era sposato con una donna di cinquanta, anche se, come ricordato, in fase di spearazione. Rimase folgorato fin dall’inizio: alcuni testimoni dicono che Gaye si impegnò come non mai quella sera, e che la sua performance perfetta nella registrazione di Let’s get it on dipese anche dal desiderio di impressionare Janis.

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Facile leggere Let’s Get it on come un semplice riflesso del desiderio di Gaye: in realtà era un'opera autobiografica complessa, un serio monologo interiore su questioni filosofiche e spirituali – sebbene oviamente molti critici si siano fermati a una lettura superficiale, strettamente carnale: "una brillante celebrazione delle gioie del sesso", scrisse Tim Cahill su Rolling Stone a settembre. Intendiamoci, non che il sesso non sia protagonista di Let’s get it on. Ma c’è di più: l’idea di spezzare le catene imposte dal padre, che aveva cresciuto il piccolo Marvin eliminando violentemente dall’orizzonte qualsiasi discorso sul sesso e causandogli traumi che avrebbero reso la sua vita sessuale molto problematica, anche da adulto. L’ombra di Marvin Gay Sr. e dei suoi abusi sui figli avrebbe perseguitato tutta la vita di Marvin Gaye, fino – non c’è bisogno di ricordarlo – alla tragica sera in cui l’ex ministro pentecostale avrebbe sparato al figlio, uccidendolo, nel 1984.
Sesso, violenza, religione, vita: dentro Let’s get it on la tensione tra questi elementi si risolve grazie all’idea che l’amore, anche quello fisico, sia la migliore risposta alla guerra, alla violenza. Amare pienamente diventa una benedizione, inviata all’uomo da Dio stesso. Sensuale e spirituale, tappe di un percorso che porta verso il trascendente. Forse blasfemo agli occhi di alcuni, perfettamente logico per Marvin Gaye, che del resto non era il primo cantante soul a mettere insieme sensualità e spiritualità: gli esempi non mancano, da Little Richard a Al Green.

Se la lunga suite di quattro pezzi che occupava il lato A di Let’s get it on dava forma musicale a questo ragionamento, il lato B era diverso, pur andando ad approfondire gli stessi temi. Come get to this e Distant lover raccontano la separazione e la frustrazione sessuale da due punti di vista differenti. Particolarmente doloroso quello di Distant lover: in seguito, spesso Gaye avrebbe pianto sul palco cantandola. You sure love to ball è forse il pezzo più easy dell’album dal punto di vista musicale, anche se la presenza della voce di donna che simula un rapporto sessuale lo fece rifiutare da diverse radio. Certo, in quegli anni non si trattava di un esperimento isolato: I'm gonna love you just a little more, baby di Barry White era in classifica negli stessi giorni, e due anni dopo Giorgio Moroder e Donna Summer avrebbe reso ancora ultrapopolare la pornodisco con la meravigliosa Love to love you, baby. Il finale di Just to keep you satisfied è invece una specie di preambolo a Here, my dear, l'album del 1978 in cui Marvin avrebbe rivelato i dettagli cruenti del suo divorzio da Anna Gordy. "Non eravamo più una coppia da anni", ha dichiarato in seguito Marvin al suo biografo David Ritz, "e non facevamo altro che affinare i nostri metodi per farci del male a vicenda. L’arrivo di Jan ha solo peggiorato le cose. Ma anche se la situazione con Anna fosse stata diversa, Jan avrebbe catturato il mio cuore". Anche se la relazione con Janis Hunter si sarebbe rivelata a dir poco problematica, soprattutto a causa della personalità abusante di Marvin, Let’s get it on sembrava per un attimo aver risolto tutto, cristallizzando nell’ambra amore e dolore di una vita intera. Dall’ennesima crisi dell’esistenza di Marvin Gaye, a noi è rimasto un trionfo.

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