Guardarsi in faccia, nel senso riflessivo della propria faccia, non si può. Del nostro viso non possiamo che avere una visione indiretta, e oltretutto da relativamente poco tempo. Lo specchio ben riflettente esiste solo dall’epoca moderna, naturalmente come bene di lusso, riservato alle élites. Lo specchio per tutti è molto più recente, così come, ovviamente, la fotografia. Sembra strano, nell’epoca dei selfie, eppure è così.
Sul tema del rapporto che intratteniamo col nostro volto è uscito un interessante saggio di Antonio Nizzoli, docente all’Università Vita-Salute San Raffaele, dal titolo "Narcisi nella rete. L’immagine di sé nell’epoca dell’immagine" (Mondadori Università).
Tra l’altro, nell’epoca attuale della pandemia, questo tema assume un’importanza rilevante: da un lato il nostro volto è in gran parte nascosto dalla mascherina; dall’altro, nelle riunioni a distanza che sempre più fanno parte della nostra quotidianità lavorativa e non solo, il fatto di vedere il nostro volto mentre parliamo o ascoltiamo è diventato una cosa normale, anche se mai prima sperimentata.
Con Antonio Nizzoli parliamo di come, oggi e nel passato, ci “guardiamo in faccia”, e di come ri-presentiamo e rappresentiamo questo nostro guardarci.