Che il cibo e il design siano legati non è un’idea nuova. In fondo, l’atto di progettare ciò che mangiamo per ottenere forma, consistenza e sapore ideali è antico quanto l’uomo. Quello che è recente, invece, è la nascita del Food design come disciplina teorica. Ma cos’è, in pratica? Questa è una di quelle domande che, più la si approfondisce, più si rivela vasta: si scoprono opinioni e sottocategorie diverse e, soprattutto, più domande che risposte.
Qualcuno potrebbe pensare che il food design interessi l’estetica di un piatto. E in parte avrebbe ragione; tuttavia, la disciplina sarebbe ridotta soltanto all’arte dell’impiattamento, ma il food design va ben oltre. Quello che è certo, è che la sensibilità artistica e la creatività sono utilizzate per concepire il cibo in modo innovativo. Ma non è soltanto il cibo in sé ad essere studiato e dissezionato, quanto l’esperienza stessa di mangiare. Inoltre, un food designer è anche abile a comunicare e a catturare le nuove tendenze, individuando i bisogni della società.
Il food design comprende più categorie: dalla creazione di nuovi prodotti alimentari, ricette o packaging, alla concezione di nuove esperienze sensoriali, alla progettazione di spazi gastronomici originali, come ristoranti, mercati o cucine.
Il Food design riconosciuto dal Design Preis Schweiz
Un segno di quanto il cibo sia sempre più oggetto di riflessione, anche per i designer, è quello che il Food design è stato incluso nel Design Preis Schweiz, un concorso biennale dedicato all’industria del design svizzero. Alcuni dei progetti nominati possono aiutarci a capire meglio cosa comporta in pratica questa disciplina.
Sea Flavors, o attivismo creativo
Il vincitore della categoria è stato il progetto Sea Flavors, guidato da Aris Guzman, una cuoca tra le pioniere in Svizzera per la cucina vegetale. Guzman ha creato un libro di ricette di “pesce”, ma senza pesce. «Volevo omaggiare il mare e i suoi sapori: vengo dai Caraibi e lì il pesce ricopre un ruolo fondamentale», racconta ai microfoni della SRF.
La melanzana-polpo di Sea Flavors
Sfruttando i sapori delle alghe marine e giocando con le forme e le consistenze, la cuoca ha creato 15 ricette che richiamano l’ambiente marino, mantenendole vegane. Un progetto provocatorio, innovativo, e anche politico. Aris Guzman lo definisce come un “attivismo creativo”; collabora infatti con Sea sheperd, un’organizzazione senza scopo di lucro attiva nella salvaguardia dell’ambiente marino.
Credo che questa campagna offra un modo poetico e bello di porre l’attenzione sul tema, rimanendo allo stesso tempo pratico ed educativo.
Sarah Quan, Membro della giuria Design Preis Schweiz
TasteLab, l’arte di cucinare il futuro
Food Design può essere anche studio, rigore e approccio scientifico, per dare vita a cibi che vanno oltre le nostre abitudini. Un esempio che lo dimostra è l’altro progetto nominato al concorso: Tastelab, un laboratorio creativo e interdisciplinare che sperimenta con diverse tecniche culinarie per portare in tavola cibo “orientato al futuro”, fondato dall’astrofisica Sue Tobler e dall’informatico Remo Gisi. Unendo scienza, gastronomia, arte e sostenibilità, non creano solo ricette, ma anche design di eventi, installazioni e persino app che rendono la conoscenza culinaria accessibile a tutti.
Il finto Fois Gras
Uniscono gastronomia con scienza e formazione, utilizzando il cibo come mezzo di informazione e mettendo le persone in dialogo.
Sarah Quan
Roter Delfin e Vermicelleria, spazi curati e consapevoli
Il cibo incontra il design anche quando si progettano gli spazi in cui si mangia, creando un ambiente che permetta ai commensali di vivere un’esperienza fuori dagli schemi. È quello che fanno i ragazzi di Roter Delfin, il terzo progetto nominato nella categoria. Nello specifico, si tratta di un ristorante la cui estetica è ben definita, con il rosso e il blu come colori principali e con un arredamento contemporaneo, eccentrico e urbano, che incarna lo spirito di Zurigo.
Tutto è studiato nei dettagli, come sottolinea Meret Diener, co-proprietaria: «C’è molto di più dietro al mettere un piatto sul tavolo. Dietro ogni cosa visibile c’è una decisione, ma è interessante che l’ospite percepisca comunque la semplicità».
Come filosofia, il progetto ricorda la Vermicelleria, il bar che vende vermicelles per un mese all’anno a Zurigo. La fondatrice Hanna Buker, che avevamo intervistato, aveva rimarcato il fatto che il design si debba occupare dell’intero processo, non solo dell’estetica: «Cerchiamo di considerare il progetto nel suo insieme e dal punto di vista concettuale. Ogni dettaglio è importante: l’ottimizzazione dei processi, la provenienza di tutti i nostri prodotti e quella delle castagne, che devono essere svizzere. Non è solo il design degli interni o del merchandising a fare la differenza».
Anche in Ticino c’è chi se ne occupa. Agnese Zgraggen è una food designer e il suo lavoro gira attorno alla ricerca legata alla forma e al colore, osservando in particolare la verdura.
Manievini, una coppia che si occupa di catering e cene private, ha realizzato un aperitivo ispirato alle opere di Pablo Picasso e Marcus Raetz, in occasione dell’inaugurazione della loro mostra al Museo di Mendrisio.
Gli utensili come oggetti design
Per essere mangiato il cibo dev’essere maneggiato. E quello che ci permette di farlo sono gli utensili: inutile dire che anche questo è food design. Quanti di noi hanno in casa l’iconico pelapatate Rex, un oggetto tanto quotidiano e scontato quanto perfettamente studiato e funzionale?
C’è un altro utensile che ha avuto un ruolo fondamentale nel settore, meno per la sua funzionalità e più per la sua bellezza. Si tratta dello spremiagrumi di Philippe Starck, ispirato alla forma di una seppia. È considerato come un utensile controverso, perché non è affatto pratico, ma piuttosto ingombrante e non efficiente. Tuttavia, è acquistato ancora adesso come oggetto di design.
Lemon squeezer, Philippe Starck
Nikolaj Van der Meulen, storico dell’arte e responsabile del FoodLab all’Università di Arte e Design di Basilea, offre uno spunto di riflessione su questo prodotto: «Un oggetto è bello non quando funziona, è bello quando offre una nuova prospettiva. Questo utensile ha permesso di creare una conversazione, interrogarsi sull’entità stessa dell’oggetto. Cosa è uno spremiagrumi?».
Le domande potrebbero essere più delle risposte, ma forse è anche questo il senso del food design: continuare a mettere in discussione concetti e regole già stabilite per rinnovare la nostra percezione del cibo.
