Una recente ricerca pubblicata su Food Quality and Preference da un team di ricercatori italiani – tra cui Riccardo Migliavada ricercatore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (UNISG) – ha mostrato che il tempo della musica – ovvero la sua velocità in battiti per minuto (BPM) – può modificare il comportamento alimentare delle persone.
Lo studio, intitolato “Masticate il ritmo! Come il ritmo della musica influenza i comportamenti alimentari e le emozioni”, condotto da Riccardo Migliavada, Fabio Luceri e Luisa Torri, ha coinvolto 124 partecipanti divisi in due gruppi: uno ha consumato un pasto ascoltando musica a 145 BPM (tempo veloce), l’altro musica a 85 BPM (tempo lento). I risultati sono sorprendenti: chi ascoltava musica lenta masticava di più, più a lungo, e si sentiva più rilassato.
È stato molto interessante osservare come la musica fosse in grado di modificare non solo la velocità di masticazione, ma anche il numero di morsi e il tempo tra un morso e l’altro. Questi aspetti sono molto interessanti perché la masticazione è un’informazione importante per il nostro cervello.
La ricerca è nata dall’interesse di Fabio Luceri - studente dell’Università di Scienze Gastronomiche - che voleva intraprendere una tesi su questi aspetti. Come racconta Riccardo Migliavada, ricercatore dell’UNISG in Food Psychology: «Partendo da quella tesi abbiamo poi costruito il lavoro di ricerca. Occupandomi di multisensorialità l’argomento mi ha affascinato da subito e da allora non ho più smesso di occuparmi di suono e cibo».
Il pasto come esperienza multisensoriale
Questa ricerca si inserisce in un filone sempre più attuale: quello che studia l’interazione tra cibo, suoni e cervello. Già sapevamo che luci, colori e profumi influenzano l’esperienza gastronomica. Ora, con dati concreti, anche la musica si candida a essere un ingrediente a tutti gli effetti. Sono numerose le ricerche intraprese nel campo di psicoacustica applicata all’alimentazione – cioè lo studio di come i suoni influenzano la percezione del cibo – ma fino ad oggi, le ricerche che esploravano l’effetto della musica sui comportamenti alimentari, si sono concentrate principalmente sulla quantità totale di cibo consumato, sulla durata del pasto o su aspetti limitati della topografia alimentare individuale (ad esempio, il numero di bocconi), e non hanno considerato il possibile ruolo delle emozioni indotte dalla musica. Ecco perché si è progettato un esperimento volto a esaminare come il tempo musicale, al variare dei battiti al minuto (BPM), influenzi le emozioni evocate dalla musica e i comportamenti alimentari individuali.
Mangiare ascoltando musica: cosa cambia in base ai BPM
L’esperimento è avvenuto in un ambiente controllato, con microfoni e sensori per analizzare masticazione, durata del pasto, e reazioni emotive.
«Grazie al grande lavoro di Fabio Luceri - spiega Migliavada - abbiamo allestito alcune cabine del nostro laboratorio di analisi sensoriale con delle telecamere che ci hanno permesso di registrare le persone mentre mangiavano ascoltando diversi pezzi musicali a ritmi differenti. Abbiamo poi analizzato i video e decifrato il pattern masticatorio di ciascun partecipante, misurando la velocità di masticazione, il numero di morsi, e altri parametri. L’approccio utilizzato è stato innovativo e ci ha consentito di studiare l’influenza della musica sulla masticazione in modo nuovo».
E i dati parlano chiaro:
Con musica lenta, le persone masticano più a lungo, consumano il pasto in modo più rilassato e sembrano vivere l’esperienza in modo più consapevole.
Con musica veloce, invece, il ritmo aumenta, si mastica meno, si finisce prima e cresce il senso di urgenza e attivazione emotiva.
Il ricercatore sottolinea che è stato cruciale osservare come la musica sia in grado di modificare non solo la velocità di masticazione, ma anche il numero di morsi e il tempo tra un morso e l’altro: «Questi aspetti sono molto interessanti perché la masticazione è un’informazione importante per il nostro cervello e contribuisce a creare la sensazione di sazietà. Masticare lentamente e far durare di più il momento del pasto contribuisce a creare delle memorie più forti del pasto e ci aiuterà a rimanere sazi più a lungo; viceversa, mangiare molto rapidamente può portarci ad avere fame prima e a farci mangiare di più la volta successiva».
Sono convinto che comprendere meglio i vari aspetti legati alla percezione multisensoriale e crossmodale ci possa aiutare a sviluppare ambienti e soluzioni che portino le persone a compiere scelte alimentari più sane e sostenibili.
“Condimento sonoro”: anche la percezione del gusto dipende dalla musica
Potrebbe sembrare un’idea bizzarra, ma i dati, dunque, supportano l’idea che una playlist rilassante potrebbe aiutare a rallentare il pasto, favorire la sazietà, la digestione e persino il controllo delle porzioni.
E c’è di più. Migliavada correla anche la percezione del gusto al tipo di musica: «Musiche diverse possono influenzare le caratteristiche sensoriali di un prodotto. Ad esempio, suoni a frequenze più alte possono aumentare la percezione della dolcezza, mentre suoni a frequenze più basse aumentano quella dell’amaro. Da queste scoperte si è sviluppato il concetto di sound seasoning (condimento sonoro), che tradotto in parole semplici significa utilizzare dei suoni/musiche specifiche per esaltare determinate caratteristiche sensoriali di un cibo».
Vi siete mai chiesti perché sugli aerei viene sempre servito il succo di pomodoro?
Ricerche scientifiche dimostrano che il rumore forte tende a compromettere la sensibilità al dolce e al salato, mentre sembra migliorare la percezione dell’umami.
Potrebbe dunque essere spiegato perché il 25% dei passeggeri delle compagnie aeree bevono un Bloody Mary solo quando si trovano in volo, mentre non ne ordinano mai quando sono a terra.
Ma non sono solo i suoni estrinseci (quelli ambientali) a modificare la nostra percezione e il nostro comportamento alimentare, bensì anche quelli intrinseci che provengono dal prodotto, mentre lo mastichiamo, o dal suo packaging.
Un packaging molto rumoroso o con un rumore non congruente alle caratteristiche di un prodotto può inficiarne le vendite (una patatina che non “scrocchia”). Similmente, se si modifica il suono di un prodotto si può alterare la percezione e la qualità percepita, come abbiamo già spiegato in questo approfondimento: Neurogastronomia e gastrofisica. Quando la scienza studia i fattori che influenzano la percezione del cibo
Scienza, ristorazione e industria alimentare
Che impatto potrebbero avere questi dati nel mondo reale? Alcuni ristoranti sperimentali hanno già abbinato suoni ai piatti. Ma questa ricerca – che misura concretamente gli effetti del suono – potrebbe attirare l’attenzione anche di chef, ristoratori, brand alimentari, ristorazione collettiva e persino startup nutrizionali.
«A livello di industria alimentare c’è molto interesse sugli aspetti di percezione multisensoriale e al momento stiamo collaborando con alcune aziende importanti, ma siamo ancora agli inizi. Per quanto riguarda il discorso della ristorazione collettiva (mense), invece, è più complicato». Come spiega Migliavada, pur avendo intrapreso qualche studio con alcune realtà tra le più importanti del settore di ristorazione collettiva a livello pubblico, sono numerosi i problemi di budget e limiti tecnici dati dai capitolati dei bandi a cui le aziende devono rispondere. La questione è più semplice se si parla di mense nel settore privato, dove c’è più margine di manovra, ma ancora l’interesse non è così forte per procedere a investimenti nella ricerca.
La startup che offre il “condimento” musicale personalizzato rispetto ai piatti che andiamo a scegliere al ristorante
Migliavada ci racconta che sta collaborando con una startup italiana (la SoundFood) e alcuni chef stellati per lo sviluppo di una lampada che crea un effetto di doccia sonora sopra per i tavoli dei ristoranti.
Immaginiamo di sederci a tavola e quando viene servito un piatto inizia una musica progettata appositamente per esaltarne determinate caratteristiche della pietanza appena servita. Tramite un’app gli chef possono impostare le caratteristiche di un piatto e le emozioni che si vogliono suscitare e il software sviluppato dalla SoundFood è in grado di generare delle musiche ad hoc per quello specifico piatto e per quella esperienza.
Futuro fantascientifico? No, è presente, tanto che la suddetta startup è stata premiata nel 2024.
L’esame delle emozioni evocate dalla musica e dei loro effetti sui comportamenti alimentari rimane un argomento affascinante e relativamente inesplorato, ma la ricerca non si ferma. Come testimonia Migliavada: «Nell’ultimo anno ho avuto il piacere di far parte del comitato scientifico della mostra Food Sound, pensata da Vincenzo Guarnieri e allestita al Museo delle Scienze di Trento (MUSE). Una mostra interamente dedicata al suono del cibo e creata per enfatizzare l’importanza della dimensione sonora nella relazione quotidiana con il cibo». Ed è la mostra stessa a diventare strumento di ricerca: nel percorso che i partecipanti devono seguire indossando delle cuffie, infatti, sono state pensate delle postazioni in cui si fanno ascoltare diversi suoni e alle persone viene chiesto di rispondere a determinate domande; in questo modo, grazie al loro contributo, si stanno raccogliendo molti dati che permetteranno l’approfondimento sull’interazione cibo/suono da parte dei ricercatori.
Serata speciale - Il cibo che cambia
Il giardino di Albert 14.10.2024, 20:40