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A guerra finita ci sono solo vinti

Gaby, già miliziano a 13 anni, adesso - anche in tempo di Covid-19 - gira per università e piazze a parlare di pace raccontando la sua storia

  • 12.06.2020, 07:47
  • 22.11.2024, 19:12
04:21

Gaby, il miliziano della pace

RSI Info 12.06.2020, 07:45

  • RSI/Davide Lemmi - Lorenzo Forlani - Marco Simoncelli

La crisi del Covid-19 è arrivata anche in Libano. Le misure di lockdown imposte dal governo si sono innestate in una situazione economica già drammatica, con proteste diffuse in tutto il paese e una tensione generale che ha spinto alcuni ad evocare i tempi della guerra civile. Guerra conclusasi trent'anni fa (1975-1990) e durante la quale decine di milizie riconducibili a diversi gruppi confessionali hanno cercato di annientarsi l'un l'altra, trascinando il paese in un vortice di violenze e rappresaglie. Sono diverse decine di migliaia i morti del conflitto, ed oltre 17000 le persone scomparse.

Le cicatrici della guerra si notano ancora su alcuni palazzi crivellati dai proiettili e lasciati in piedi a mo' di monito, ma ancora più difficili da rimarginare sono le ferite dell'anima, quelle che hanno dilaniato intere famiglie e messo l'uno contro l'altro vicini di casa, compagni di scuola, talvolta parenti. L'assenza di una memoria condivisa - rimpiazzata da decine di memorie "comunitarie", che alimentano narrazioni parziali del conflitto - è l'elemento che più di tutti alimenta il timore di una nuova esplosione delle tensioni.

Ci sono però, in questo Libano inquieto, gruppi come quello di Gaby che cercano di sensibilizzare sul tema della violenza raccontando la propria storia. Obiettivo: spegnere la diffidenza e l'ostilità settaria che talvolta può caratterizzare le nuove generazioni influenzate da un racconto fazioso della guerra da parte dei loro stessi genitori.

Marco Simoncelli

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