Gli antichi curdi pensavano fosse stato uno dei primi animali ad essere imbarcato sull’Arca da Noè. Ci sono però voluti alcuni millenni, da quel diluvio universale, perché l’Ibis eremita tornasse a far parte dell’avifauna europea. Basti pensare che, solo nelle ultime settimane, due di loro sono rimasti uccisi, uno in Lombardia folgorato da un traliccio, l’altro in Toscana annegato in un invaso artificiale.
Geronticus eremita, al secolo Ibis eremita. Mica perché è un solitario, anzi: è un uccello gregario, adora passare il tempo in gruppo. Eremita perché lo vedevi nei medesimi luoghi dove gli eremiti cercavano di isolarsi dal mondo, inerpicati su rupi alpine o scogliere. Oppure sceglievano di fare il nido su merli e finestre dei castelli o edifici abbandonati. Fino a 500 anni fa. Perché questo tipo di ibis - becco ricurvo, ciuffo ribelle e un piumaggio corvino con riflessi metallici verdi o violetti e sfumature rosso-rame sulle ali – è uno dei primi uccelli a essere stato dichiarato specie protetta. Già nel 1504 l'arcivescovo di Salisburgo proibì ai non nobili, di uccidere questi uccelli. Ciò non ha però impedito che il 98% della specie sparisse dalla circolazione grazie al cocktail a base di bracconaggio, consumo di suolo, agroindustria, fitofarmaci, disturbo delle rotte migratorie e delle colonie riproduttive.
La Maremma piace tanto agli Ibis
Solo grazie al progetto europeo Waldrapp, che coinvolge Austria, Germania e Italia, l’Ibis eremita sta ridiventando una specie migratrice. Da un paio di mesi, due femmine che partecipano al progetto - Hannibal e Smudo - hanno deposto le uova a Roma, sul tetto di una nota azienda alla periferia sud, vicino a un campo di golf, l’ideale per cercare insetti e accorgersi in tempo di volpi e faine. Oltre la News racconta la loro storia, tra Roma e l’Oasi di Orbetello. Guardala nel video in apertura.
Checchino Antonini - Massimo Lauria