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Inquinano, ma non si sa quanto

C'è, in Bosnia, un'acciaieria che ammorba l'aria, ma che continua ad operare perché nessuno si preoccupa di stabilire l'entità del danno

  • 7 novembre 2019, 05:45
  • 9 giugno, 15:49

Zenica, l'Ilva di Bosnia

Zenica, cittadina dell’entroterra bosniaco celebre per la sua tradizione mineraria, ospita ancora oggi una delle acciaierie più grandi della regione, un lascito del periodo jugoslavo. Dopo la guerra, l’impianto è stato acquisito dal colosso del metallurgico Arcelor-Mittal, proprietario anche dell’Ilva di Taranto.

Impiegando tecnologie ormai superate, questa fabbrica dà lavoro agli abitanti, ma a caro prezzo. In città l’aria è irrespirabile e l’acciaieria è la causa prima di questo inquinamento. A pochi km, sorge inoltre una centrale termoelettrica che inietta fumo nero nel cielo e polvere tossica nel terreno. “D’inverno si fatica a capire quando è giorno e quando è notte - spiega Mirha, professoressa di Kakanj - Qui la gente coltiva ortaggi contaminati, ma non lo sa”.

Il distretto di Zenica-Doboj è ritenuto uno tra gli esempi più significativi della grave emergenza ambientale in cui versa la Bosnia Erzegovina. Mentre la massiccia combustione di carbone e gli impianti industriali obsoleti pregiudicano la salute e il futuro dei cittadini bosniaci, l’inquinamento travalica inoltre i confini nazionali espandendosi in tutto il continente.

Simone Benazzo - Marco Carlone

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