Il Tibet non esisterà come nazione, ma la sua medicina è viva e vegeta e le due nazioni che oggi siedono sugli antichi territori buddisti - India e Cina - si contendono la paternità della disciplina. Entrambe infatti hanno fatto richiesta all’Unesco di attribuire loro e proteggere la medicina insegnata dal Buddha circa 3000 anni fa.
Oggi nei 4 ex-regni buddisti - Ladakh, Sikkim, Bhutan e Tibet - il medico tradizionale detto “Amchi” resta il primo porto di approdo per chi ha disturbi di ogni genere. Basata sull’armonia di tre sorgenti energetiche - il vento, il fuoco e la flemma (o liquido) - sull’armonia tra mente e corpo senza dimenticare lo spirito, questa pratica rimasta immutata nei secoli sta riscuotendo un grande successo in Occidente.
Tsewang Smanla, medico a Leh, in Ladakh, India, viaggia ogni anno in Europa per trasmettere il suo sapere, che gli arriva da sei generazioni di Amchi. “Non promettiamo miracoli, ma promettiamo di portare aiuto”, dice. Per ristabilire un flusso corretto dell’energia del corpo, si fa uso di medicine naturali raccolte nei terreni dell’Himalaya, di una dieta a base di cibi divisi in cibi caldi e cibi freddi, di cure fisiche come bagni termali e massaggi con compresse di erbe, e poi anche terapie violente come la cauterizzazione e salassi. “Solo per le malattie croniche - spiega Tsewang Smanla - e di solito con le popolazioni nomadi. Sono loro che ci chiedono i metodi forti, perché vogliono risultati subito. Sono terapie molto efficaci”.
La Sowa Rigpa come viene chiamata in tibetano significa “scienza della guarigione” e deriva dal testo “I quattro Tantra” attribuito a uno studioso tibetano del dodicesimo secolo. Assurgere agli onori dell’Unesco potrebbe portare a conseguenze non desiderate, ci fa notare il nostro medico. Le erbe e i fanghi sorgente delle medicine sono già difficili da reperire e non potrebbero soddisfare una domanda mondiale. Inoltre da sempre questa pratica non è legata al denaro, ma deriva da un desiderio di servizio altruistico. I medici venivano pagati in ore di lavoro e cibo. Adesso il rischio di diventare un business è dietro l’angolo.
Chiara Reid