Sono passati dieci anni da quando l’uccisione di sei rom ad opera di un gruppo paramilitare neonazista sconvolse l’Ungheria. Da allora il paese ha vissuto cambiamenti significativi.
Nel 2010 è salito al potere Viktor Orbán, inaugurando una fase di “democrazia illiberale” plasmata dallo scontro con le autorità dell’Unione Europea. Eppure, proprio grazie all’afflusso ingente di fondi dell'Unione europea e ad una congiuntura favorevole, l’Ungheria sta vivendo una crescita economica superiore alla media continentale. Boom che ha creato un bisogno di manodopera poco qualificata, generando opportunità lavorative anche per i rom del paese.
Questa comunità, che secondo le stime più affidabili è ormai il 10% della popolazione, continua però a vivere ai margini della società magiara, geograficamente e non solo. Resta forte il peso degli stereotipi e l’applicazione della legge è spesso discriminatoria. Nell’Ungheria che festeggia i 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino, i rom sono ancora cittadini di serie B.