Ticino e Grigioni

Effetto Labubu, effetto marketing

Tridimensionalità, culto degli influencer, rarità e spinta all’appartenenza sono alcuni degli ingredienti che hanno reso questi mostriciattoli virali

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Labubu: tra mania e riflessioni

SEIDISERA 18.07.2025, 18:00

  • Keystone (foto d'archivio)
Di: SEIDISERA - Chiara Savi/M.Mar. 

Labubu è la protagonista della serie “The Monsters”, dell’artista Kasing Lung. Oggi i “Monsters”, conosciuti universalmente come “i Labubu” sono un fenomeno di società che da mesi imperversa sui social. Sono dei mostriciattoli in peluche, di varie dimensioni, che spesso si portano attaccati alle borsette e agli zaini. C’è chi li compra su internet e chi, come venerdì alla Manor di Lugano, ha fatto lunghe code davanti ai negozi per ottenerle.

Perché questi disegni, che vengono successivamente trasformati in oggetti, sono esplosi proprio ora? A rispondere a questa domanda è Massimo Benedetti, consulente in comunicazione, specializzato nell’interazione con gli oggetti.

“Secondo me l’esplosione è dovuta a più passaggi”, dichiara Benedetti ai microfoni di SEIDISERA, spiegando che “uno sicuramente è il fatto che Pop Mart abbia deciso di produrli e farli diventare tridimensionali”. Questi mostriciattoli infatti “dalla carta sono diventati degli oggetti che una persona può tenere in mano”, e in seguito sono diventati “oggetto di culto per quelli che sono gli influencer, i creator, prima tra tutti Lisa delle Black Pink (girl band coreana, ndr.)”, osserva l’esperto. “Per le nuove generazioni”, rimarca, “il Kpop sta diventando qualcosa di permeante rispetto alla cultura”. Quindi, “tutti ascoltano Kpop e questo si sta diffondendo”.

Si tratta di una buona strategia di marketing che punta su personaggi che piacciono, ma non solo. Anche la strategia di vendere questi prodotti a scatola chiusa è vincente. Non si sa quello che si compra, perciò si continua a comprarli finché non si trovano quelli che si desidera. Questo meccanismo “non è nuovo”, sottolinea l’esperto, ed è infatti molto simile a quello di “quando si collezionavano le figurine”, in cui “tu aprivi di fatto a scatola chiusa”. “Poi c’erano quelle stampate a tiratura minore e quindi erano quelle più rare”, e “c’era questa voglia di andare a cercare quello che è più raro”.

A questo si aggiunge “il discorso del mistero: tu apri e non sai cosa ti aspetta, non sai cosa ti trovi”. “Il marketing, la comunicazione, la vendita hanno a che fare con questo elemento”. Sui social si “fanno gli unboxing, che si fanno con qualsiasi oggetto; tu fai unboxing di qualcosa e hai le reaction, che è un altro elemento dei social che è molto diffuso”. Si tratta di “reagire a qualcosa che accade”, a qualcosa che “è costruito chiaramente ad arte” e ha “contribuito alla diffusione e alla vendita” dei Labubu.

Questi oggetti, inoltre, raccontano molto del nostro modo di stare in società e del nostro bisogno di appartenenza. La spinta all’appartenenza si ha “quando hai a che fare con qualsiasi fenomeno e puoi condividerlo”, e “puoi dire anch’io ce l’ho”. “Quando hai il migliore di tutti gli oggetti, quando hai qualcosa che ti distingue”, ciò “ti fa sentire parte di una comunità” ed è “una spinta molto umana”.

Benedetti ha inoltre spiegato che “il collezionismo esiste da sempre”: basta pensare agli “antichi romani, che tenevano i propri antenati dentro degli altarini per pregarli”, sotto forma di “bamboline che li riproducevano”.  “Questo tema diventa ampio e fa sentire l’uomo forse un po’ meno piccolo e insignificante”.

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