Campione d'Italia, secondo atto
Tre progetti, dopo il fallimento del casinò, si propongono per rilanciare l’economia dell'enclave, con un cambio radicale di prospettiva
L’unica certezza rimane il fallimento del Casinò di Campione, per il resto la comunità dell’enclave italiana (circa 2'000 persone) continua a vivere in un limbo dove risuonano, come un mantra, domande ricorrenti: la casa da gioco riaprirà? Se sì, quando? E ancora, ammesso che riapra, quanti posti di lavoro potrà garantire rispetto ai 487 andati persi a luglio?
In attesa delle risposte, che possono arrivare solo dalle autorità centrali italiane (la Casinò di Campione SPA ha debiti per 106 milioni di franchi - dato 2017), siamo andati alla scoperta di tre progetti che si propongono di rilanciare l’economia locale, superando il dualismo costituito finora da casinò e comune (rispettivamente primo e secondo datore di lavoro per importanza dell'enclave).
Le tre proposte partono da un punto di visto condiviso: con il fallimento si è chiusa un’epoca, che non tornerà per una serie di cause diverse; l’attuale casa da gioco, progettata dall’architetto Mario Botta, è ormai una struttura sovradimensionata che impedisce, con i suoi costi, di fronteggiare, in primis, concorrenza e gioco online.
Ecco allora che Stefano Artioli, presidente Artisa Group, propone di trasformare parte dell’edificio in un caveau-museo per opere d’arte e parte in senior residence. L’architetto Diego Di Tomas, invece, punta su un progetto urbanistico e paesaggistico che prevede, tra l’altro, una “camminata” sul lago, grandi spazi verdi e l’ampliamento del porto. L’architetto Fernando De Simone, specialista in grandi opere sotterranee, infine, pensa a una zona extradoganale e immagina un centro commerciale scavato nella roccia intorno al casinò, con ristoranti, centri sportivi, cinema e teatro (IL DETTAGLIO DEI PROGETTI NEL VIDEO IN TESTA ALL'ARTICOLO).
Massimiliano Angeli