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Il marcio delle banche

Nei bilanci degli istituti ci sono ancora troppi assets tossici. Nonostante questo si chiede loro di concedere ulteriori crediti.

  • 13.04.2017, 18:57
  • 23.11.2024, 06:04
Martin Hellwig

Martin Hellwig

Da qualche anno le banche, e il sistema finanziario in generale, sono nell’occhio del ciclone accusate, non sempre a torto, di essere tra i responsabili della crisi finanziaria del 2008. Nel 2010 l’allora presidente statunitense Barack Obama decise di regolamentare il settore con quello che è conosciuto come il Dodd-Frank Act.

E non era la prima volta che si mettevano dei paletti al sistema finanziario. Si perché questo esercizio era già stato fatto nel 1933, dopo la Grande Depressione del ’29. Allora fu Franklin Delano Roosvelt a volere il Glass-Steagall Act, poi abolito da Bill Clinton nel 1999.

Ora tocca a Donald Trump, che è intenzionato a deregolamentare il settore, rivedendo in modo drastico il Dodd-Frank Act. I motivi? Secondo Trump le banche devono essere più libere di operare, con meno vincoli, e questo in modo che possano aiutare l’economia, concedendo crediti.

Ma se negli Stati Uniti la politica vuole questa liberalizzazione, in Europa la situazione è diversa. Da una parte anche nel Vecchio Continente si chiede agli istituti di credito di sostenere la crescita economica, dall'altra si impongono loro regole che rendono difficile questo compito, in nome di una maggior sicurezza.

A Cernobbio, in occasione del forum economico Ambrosetti, abbiamo incontrato Martin Hellwig già consulente del comitato europeo per il rischio sistemico nel settore finanziario, al quale abbiamo chiesto come trovare un equilibrio: “Difficile trovarlo anche perché il settore non finanziario è molto indebitato. Sarebbe come dare una bottiglia di whisky ad un alcolizzato. Storicamente le banche meglio capitalizzate danno i migliori crediti. Più sono solide, più crediti concederanno, e buoni crediti.”

“Concedere crediti sarebbe come dare del whisky ad un alcolizzato”

Martin Hellwig

“Le banche sono sedute su una montagna di attivi tossici, quindi bisogna pulire i loro bilanci. E se le banche non riusciranno a farlo da sole saranno messe sotto tutela. Per spingerle a fare questa operazione, bisogna costringerle a ricapitalizzarsi”.

C’è del marcio nelle banche, quindi, che deve essere eliminato. Un compito arduo al quale sono chiamati diversi attori, tra questi il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria. Suo compito è emanare le direttive per il sistema finanziario. Norme meglio conosciute con i nomi di Basilea I, II e III.

Norma che non bastano. Tanto che è già pronto il Basilea IV che però deve fare i conti con la situazione negli Stati Uniti.

Sempre a Cernobbio era presente José Maria Roldàn, presidente dell’Associazione Bancaria Spagnola, ma soprattutto membro del Comitato di Basilea. A lui la domanda: quali difficoltà incontra questa nuova regolamentazione, se dall’altra parte dell’Oceano l’aria che tira è molto diversa? “Siamo coscienti del particolare momento che vivono gli Stati Uniti e che non è facile avere un interlocutore chiaro in questo momento. Il messaggio è: dimentichiamoci di Basilea quattro e concentriamoci sul, il meccanismo di risoluzione europeo, conosciuto come MREL. Qui ci saranno le maggiori misure di sicurezza per le banche, più che con Basilea 4. È un'opinione personale, ma non credo di sbagliarmi di molto”

“Potremmo decidere di rivedere alcune regole per le banche, quelle troppo onerose e che non aumentano la sicurezza”

José Maria Roldàn

Regole che non piacciono alle banche. E infatti Roldàn precisa una cosa importante: “Oggi siamo in una posizione migliore di quella che abbiamo conosciuto qualche anno fa. Abbiamo intrapreso un percorso che comprende regole molto strette. Ora il momento peggiore è passato e adesso dobbiamo vedere quali sono le regole che funzionano, mentre altre possono essere riviste, siccome non aiutano ad aumentare la sicurezza, ma costano molto alle banche”.

Torniamo negli Stati Uniti e chiediamo ancora a Martin Hellwig, cosa ne pensa dell’idea di Donald Trump di rivedere buona parte delle riforme messe in campo nel 2010 contenute nel Dodd-Frank Act. Una cosa che ai regolatori non piace proprio.

“Per i regolatori non so, per quel che concerne il Dodd-Frank Act, contiene molte cose non essenziali. Detto questo uno dei motivi per il quale i politici intervengono in queste cose è perché vogliono che le banche finanzino quello che piace a loro. Ma anche perché le banche sono deboli. Come detto, costringerle ad avere più fondi propri per poter sopportare le perdite senza condizionare l'intero sistema, è la strada da percorrere”

Marzio Minoli

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