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La Svizzera che paga dazio

Il protezionismo degli USA, le barriere commerciali di vari altri paesi, le conseguenze per le esportazioni elvetiche

  • 10 luglio 2018, 05:52
  • 4 settembre 2023, 20:05

Export svizzero e barriere commerciali nel mondo: intervista a Monica Zurfluh

RSI/Alex Ricordi - Fabio Salmina 10.07.2018, 07:30

Le dinamiche del commercio internazionale - fra i nuovi dazi imposti dagli USA, le contromisure decise da UE, Cina e altri paesi - sono diventate inevitabilmente più turbolente. A subire così una battuta d’arresto sono le politiche di liberalizzazione degli scambi portate avanti negli ultimi anni. E alla luce di queste tendenze, le imprese esportatrici devono ormai fare i conti con condizioni più restrittive per le loro attività.

Barriere commerciali e implicazioni per le aziende svizzere

La Svizzera esporta merci per un valore complessivo considerevole: più di 220 miliardi di franchi, indica il dato del 2017. Ma come si collocano, nell’attuale quadro d’incertezza, le imprese elvetiche orientate all’esportazione? Un recente studio, elaborato da due docenti universitari, ha cercato di far luce su rischi e prospettive legate all’aumento delle misure protezionistiche.

Il ritorno dei protezionismi: Donald Trump ha fatto dell'introduzione di dazi uno dei capisaldi della sua politica economica

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  • keystone

La principale conclusione di questa ricerca evidenzia la necessità, per le aziende svizzere, di preparare in maniera sempre più oculata il loro ingresso sui mercati esteri. In questo senso sono vari gli aspetti che vanno ormai tenuti in debita considerazione: da un’informazione accurata sulle condizioni locali di mercato, fino alla verifica della conformità dei prodotti a norme e criteri vigenti nei paesi di destinazione.

In buona sostanza, visto l’aumento di misure protezionistiche, “non è più possibile pensare di entrare in un mercato estero trovando semplicemente un partner, senza aver fatto un’analisi preventiva”. A sottolineare questo punto è Monica Zurfluh di Switzerland Global Enterprise (S-GE), il centro di competenza che, su mandato della Confederazione, si occupa di promuovere il commercio svizzero con l’estero.

Monica Zurfluh, responsabile per la Svizzera Italiana del centro di competenza Swiss Global Enterprise

Monica Zurfluh, responsabile per la Svizzera Italiana del centro di competenza Swiss Global Enterprise

  • rsi

Proprio di recente S-GE ha avviato, in collaborazione con l’Università di San Gallo, un progetto pilota per una
banca dati sulle nuove barriere commerciali: essa permette di verificare, in relazione ad una cinquantina di Stati, l’introduzione di recenti norme che potrebbero ostacolare le esportazioni legate ai principali comparti industriali.

Protezionismo: non solo dazi

I dazi sono peraltro solo una parte del problema. “Gli accordi di libero scambio”, ci spiega Zurfluh, “aiutano chiaramente a ridurre o a eliminare i dazi, ma non rispondono necessariamente a misure non tariffarie”, introdotte dai vari paesi per proteggere le proprie industrie, “che sono sempre più sottili e difficili da identificare”. Si parla quindi sempre di più “di omologazioni, di certificazioni particolari, di registrazioni presso specifici ministeri o addirittura di ispezioni prima dell’invio delle merci”.

La mancata conoscenza di recenti disposizioni non tariffarie può portare a difficoltà o impossibilità di sdoganamento per le merci

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  • archivio keystone

In ogni caso misure non tariffarie vengono disposte dagli Stati sempre di più: è quanto “
abbiamo constatato negli ultimi anni”, conferma la responsabile di S-GE. E non si parla solo degli USA “
che peraltro hanno introdotto misure ben prima di Trump”, ma anche di altre potenze economiche: la Cina, ad esempio, impone “
certificazioni molto onerose” per le importazioni di carne, latte e latticini; c’è poi il “Made in India”, che è una delle misure adottate dall’Unione indiana
“per frenare le importazioni e produrre sempre di più nel paese”; infine, anche in Russia vige un “
programma di sostituzione” delle importazioni.

Dazi USA all'UE ed effetti indiretti per la Svizzera

Intanto l'economia mondiale è in pieno subbuglio per le ripercussioni dei dazi imposti dagli USA su alluminio e acciaio. Questi concernono anche le importazioni dalla Svizzera già dallo scorso marzo, mentre è stata soppressa alcune settimane fa l'esenzione di cui beneficiavano provvisoriamente UE, Canada e Messico. Ora, come ci conferma Monica Zurfluh, l'estensione di questi dazi all'UE può avere effetti indiretti anche sull'export elvetico.

I dazi decisi dagli USA sulle importazioni dall'UE di acciaio e alluminio possono aver effetti indiretti sull'export svizzero

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  • reuters

Potrebbe infatti manifestarsi una contrazione della domanda per materiali e componenti di produzione svizzera, che sono esportati verso l'UE ma che vengono anche "
integrati in prodotti europei "destinati a essere "
riesportati in seguito verso gli USA". Le aziende esportatrici europee, confrontate a difficoltà per via dei nuovi dazi imposti da Washington, potrebbero quindi ridurre gli approvvigionamenti di questi materiali dalla Svizzera.

Le mosse della Svizzera


Intanto, come si sta muovendo la politica commerciale elvetica per affrontare un contesto dove tornano a emergere le insidie del protezionismo? Nell'ottica di accordi di libero scambio la Svizzera, sottolinea la dirigente di S-GE,
"si sta sempre più orientando verso mercati sempre più grandi, a livello di numeri e di importanza: l'India, l'Indonesia, il Vietnam e i paesi del Mercosur", il mercato comune dell'America meridionale di cui fanno parte 5 paesi: Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela.

Focus sugli accordi commerciali: Johann Schneider-Ammann, qui in Paraguay col ministro Eladio Loizaga, durante la sua recente serie di visite ufficiali nei paesi del Mercosur

Focus sugli accordi commerciali: Johann Schneider-Ammann, qui in Paraguay col ministro Eladio Loizaga, durante la sua recente serie di visite ufficiali nei paesi del Mercosur

  • keystone

L'orientamento, in buona sostanza, concerne segnatamente mercati emergenti, nei quali ad esempio la classe media è in crescita, con tutto ciò che ne consegue sul piano di un maggiore potere d'acquisto. I negoziati sono quindi volti alla conclusione di intese di libero scambio che, in un contesto reso più problematico dalla ripresa dei protezionismi, potrebbero assicurare nuovi e preziosi sbocchi per il nostro export.

Alex Ricordi

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