"La guerra si combatte anche online". A ribadirlo ai microfoni della RSI, è David Puente, fact-checker, vicedirettore di Open Online, ospite lunedì sera di 60 minuti.
La propaganda di guerra
“Le bufale in guerra ci sono e ci sono sempre state”, spiega il fact-checker. Dai Protocolli dei Savi di Sion, alla guerra in Siria e Iraq, fino all’invasione russa dell’Ucraina, la propaganda si appropria di ogni mezzo per attirare l’opinione pubblica verso la propria visione della storia. In Ucraina, “ne abbiamo viste di tutti i colori, dai video di videogiochi, usati per mitizzare fantomatici eroi di guerra, a teorie del complotto e accuse infondate”, racconta David Puente, che puntualizza come il giornalismo di guerra sia diventato un sistema molto complesso in cui è sempre più arduo orientarsi.
L’eccesso di informazione
“Noi giornalisti abbiamo un problema: prendiamo troppo dagli altri, quando dovremmo invece capire quale è la fonte primaria della notizia e la realtà dei fatti”, analizza il cacciatore di bufale. In redazione arrivano molte notizie, spesso fornite in maniera più o meno attendibile e approfondita, o semplicemente copiate ed incollate, ma “mancano sia il tempo che le risorse: ci vorrebbe un esercito”.
Il giornalismo deve capire cosa vuole diventare
“Non si finisce mai di imparare e di crescere e, come giornalisti, dobbiamo imparare dagli errori per recuperare quella credibilità che è andata un po’ persa”, constata Puente. La pandemia ha creato un problema di sfiducia nei media e “una parte, seppur minoritaria, della popolazione è in dubbio se dare ancora fiducia al giornalismo”. Ma nessun disfattismo, rassicura il fact-checker, perché il destino del giornalismo è ancora nelle mani dei giornalisti: “dobbiamo frenare la nostra voglia di arrivare prima e impiegare bene il tempo per dare una corretta informazione ai cittadini”.
Per approfondire
Le Fake news su Bucha spopolano su facebook
Telegiornale 22.04.2022, 22:00
Speciale guerra - 60 minuti
60 minuti 09.05.2022, 21:10