Fahim Sadat ha poco piu' di trent'anni e fino a una settimana fa era il capo dipartimento di Relazioni Internazionali della Kardan University di Kabul. Oggi si è unito a chi ha scelto di lasciare il paese con i voli di evacuazione, perché in questi anni si è esposto con numerosi media internazionali per denunciare i crimini dei talebani e degli altri gruppi terroristici e per criticare la fragilità degli accordi di Doha stretti tra l'amministrazione Trump e i talebani in Qatar.
Oggi Sadat è salvo in Germania.
Poche settimane fa, nel suo ufficio all'interno dell'Università a Kabul che oggi è ancora chiusa, aveva delineato gli scenari cui il paese andava incontro.
Sadat sottolineava come la situazione si fosse deteriorata nel paese a seguito della conferma dell'accordo di Doha da parte di Biden, conferma in assenza di condizioni. Da quel momento si sono aperti, in Afghanistan, due scenari. Il primo: la conquista del paese da parte dei talebani, che si è verificata in tempi rapidissimi, dopo un'accelerazione dell'offensiva militare che in 11 giorni ha riportato il paese indietro di 25 anni. Il secondo: che si reinneschino le micce di una guerra civile, come negli anni Novanta.
«L’Afghanistan ha già avuto esperienze di milizie in passato e non sono state positive. È da queste milizie che sono nati i signori della guerra che hanno accumulato ricchezze, e diffuso pratiche corruttive – dice Fahim Sadat - Ora assistiamo di nuovo a una mobilitazione popolare. E rischiamo che le milizie abbiano una nuova linfa. Rischiamo di tornare a trent’anni fa: il Paese isolato dal mondo e i signori della guerra che la fanno da padroni».
Francesca Mannocchi