Nata come progetto destinato agli adolescenti, la nuova opera che il Teatro alla Scala ha commissionato alla compositrice Silvia Colasanti e che ha debuttato il 28 settembre (con repliche distribuite fino a dicembre) travalica la funziona divulgativa e si dimostra un lavoro artistico a pieno titolo per ogni pubblico. Racconta la vita della poetessa russa Anna Achmatova (1889-1966), vittima delle persecuzioni sovietiche: due mariti assassinati dal regime, un figlio più volte imprigionato, un progressivo isolamento costruitole attorno fino alla tardiva riabilitazione nel 1955. Su un intenso libretto dello scrittore e saggista Paolo Nori, l’opera “in frammenti” di Colasanti la ritrae negli ultimi giorni di vita, ricoverata in ospedale e accudita dall’amica Lidija Čukovskaja, che per anni aveva custodito a memoria i suoi versi. Dal dialogo tra le due, affidato a due attrici, emergono ricordi, dolore, la consapevolezza del ruolo della poesia come testimonianza, che si materializzano sulla scena e nel canto, alternando momenti lirici sui versi della Achmatova e altri di ironia graffiante, come una polka fa ballare meccanicamente i tanti “ismi” in voga nella Russia prerivoluzionaria. Ci raccontano la genesi e la sostanza di “Anna A.” la compositrice e il librettista, assieme alle due artiste che l’hanno portata in vita al debutto, la direttrice Anna Skryleva e la regista Giulia Giammona.
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