Vuole la leggenda che Giuseppe II abbia così criticato Mozart dopo la prima del “Ratto dal Serraglio” (1782): “Caro Mozart, troppe note!”. In effetti l’imperatore voleva promuovere il genere leggero e tedesco del Singspiel, alternanza di recitazione parlata e canto, in opposizione all’opera seria tutta cantata e tutta in italiano, ma l’esuberanza della partitura mozartiana deve averlo sconcertato, oltre a suscitare le invidie degli italofili. Comunque sia, il rapporto tra musica e parola è una questione su cui l’invenzione del melodramma non ha fornito una risposta definitiva, lasciando emergere le ragioni dell’una e dell’altra in forme ibride o sperimentali che ci restituiscono la sensibilità delle diverse epoche. Se alla corte di Giuseppe II regnava un illuminismo umanista, che nella pur leggera commedia mozartiana suggeriva un messaggio di tolleranza e di fratellanza, qualche anno prima, nel 1729, il Duca Annibale Marchese ideava per Napoli le sue “Tragedie Cristiane”, sempre immaginando un’alternanza di recitazione e canto, seppur con prevalenza della prima. Ma egli aveva come intento quello di esprimere “i castighi d’alcuni Persecutori di nostra Santa Religione, o le chiare gesta degli Eroi Cristiani, che col sangue o col sudore han difesa, accresciuta e glorificata la Fede”, chiamando per questo a raccolta vari compositori. Di questo esperimento parleremo in conclusione di puntata con il musicologo Stefano Aresi, che vi ha dedicato vari studi e un recentissimo CD (“Tragedie Cristiane”, Stile Galante, appena uscito per Passacaille). Apriremo invece con il Singspiel mozartiano ora in scena al Teatro Regio di Torino, con l’aiuto di Luca Berni, storico della musica, che per noi ha assistito alla première.
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