Le sfide dell’Europa di fronte al presidente degli Stati Uniti e alla sua politica, che non riguarda solo i dazi, ma anche una “visione autocratica del potere”. E poi le accuse di inazione occidentale rispetto a quanto sta accadendo a Gaza. Sono alcuni dei temi affrontati dal professor Mario Monti*, economista e senatore, già premier italiano e commissario europeo, in un’intervista trasmessa a SEIDISERA e al nostro Telegiornale.
Qual è stato, professor Monti, l’episodio più significativo del nuovo corso di Trump per l’Europa?
“Il punto di maggiore drammaticità visiva è stata, secondo me, l’accoglienza sul tappeto rosso riservata da Trump a Putin in Alaska ad agosto. È stato il simbolo dell’avvicinamento tra due personalità con una visione autocratica del potere, nuova per gli Stati Uniti ma non per la Russia. Questo, unito alla durezza sui dazi, ha sconcertato l’Europa, che fatica ancora a trovare una risposta adeguata”.
Come dovrebbe muoversi l’Europa in tema di difesa, visto che non può più fare affidamento cieco sugli USA?
“L’Europa deve cominciare con il riconoscere di aver vissuto per anni al di sopra dei propri mezzi, non calcolando il costo della difesa e dipendendo dagli USA. Ora servono risorse per una difesa autonoma, anche se le opinioni pubbliche sono restie. Ma è una questione di libertà: senza capacità di difesa abbiamo già perso indipendenza, dovendo piegarci al protettore americano. Servirà una miscela di acquisti dagli USA e sviluppo dell’industria europea”.

Durante l'intervista
Lei avrebbe sottoscritto l’accordo commerciale, di fine luglio, tra Stati Uniti e Unione Europea con dazi al 15%?
“È facile dire non l’avrei sottoscritto. Capisco le pressioni sulla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, ma mi preoccupa come Trump vede quell’accordo: un primo passo per sottrarre sovranità all’UE, minacciando altri dazi se non si fa ciò che vuole. Un accordo pesante sui dazi è una cosa, ma se diventa uno strumento di ricatto è molto peggio”.
Ritiene che un approccio di lusinghe sia politicamente pagante per i leader europei?
“Non invidio i leader europei in questa fase, però non credo che sia pagante. Certamente hanno a che fare con una personalità, diciamo, molto particolare, però questo secondo me può determinare in lui la voglia di avere sempre di più. (...) Hanno accettato a livello politico la richiesta americana che non si applichi alle imprese statunitensi quella global minimum tax del 15% faticosamente negoziata in sede OCSE. Tale rinuncia è un pezzo di una sovranità, esistente oggi, alla quale l’UE è pronta ad abdicare per rabbonire l’alleato/contendente americano. Questo vuol dire accettare di diventare colonia”.

Monti sui dazi all'UE: "Mi preoccupa come Trump vede quell’accordo"
Anche il Governo della Svizzera, colpita da dazi del 39%, sembra disposto a fare concessioni agli USA in termini di acquisti di armamenti, energia e investimenti. Non rischia di essere solo l’inizio di ulteriori richieste da parte di Trump?
“Questo bisogna assolutamente cercare di evitarlo. Spero che la Svizzera riesca a far valere le sue buone ragioni, che qualche volta prendono forma aurea anche con sorprese sull’introduzione di dazi sui lingotti. Ma qui dobbiamo rapidamente allargare il ragionamento. Il mondo non è trumpiano. Ci sono tantissimi paesi, in Europa e in altri continenti, che rispettano il presidente degli Stati Uniti ma non condividono il superamento dello Stato di diritto o l’abbandono di forme di governance multilaterale. Questi paesi, anziché impaurirsi individualmente, potrebbero unirsi senza essere ostili agli USA, ma per portare avanti un’agenda di miglioramento multilaterale della globalizzazione. Se si constata che molti la pensano allo stesso modo, si può creare una forma di alleanza o coordinamento, con le braccia aperte agli USA se volessero riprendere questi principi”.
Come valuta l’immobilismo dell’UE su questioni come la situazione a Gaza?
“I cittadini hanno ragione nel denunciare una perdita di credibilità dell’UE. Non c’è una politica estera comune perché i Paesi non sono costretti a trovare una posizione condivisa, c’è il diritto di veto. Servirebbe più integrazione, ma la politica oggi è diventata più localista e nazionalista, incapace di generare maggiore unità europea”.
Ci troviamo all’università Bocconi di Milano, luogo di tradizione e futuro. Perché gli studenti di oggi dovrebbero ancora credere nell’Europa?
“Perché altrimenti la nostra civiltà rischia di sparire. I valori su cui si fonda, quali stato di diritto, solidarietà, lotta al cambiamento climatico, richiedono che la voce dell’Europa vada avanti. È più indispensabile per i giovani di quanto lo sia stato per la mia generazione. Ma l’Europa non cadrà più dall’alto, va conquistata dal basso. I cittadini, soprattutto i giovani, devono trovare il modo di spingere i governi verso una maggiore unificazione europea, che è la premessa per una vita migliore per tutti”.

L'intervista a Mario Monti
SEIDISERA 22.09.2025, 18:00
Contenuto audio
*Mario Monti è un economista e politico italiano, nato il 19 marzo 1943 a Varese. È stato Presidente del Consiglio dei Ministri italiano dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013, guidando un governo tecnico durante la crisi del debito sovrano. Prima, è stato Commissario europeo per il Mercato Interno (1995-1999) e per la Concorrenza (1999-2004) nell’Unione Europea. Professore universitario, ha insegnato alla Bocconi, di cui è stato presidente. È noto per le riforme economiche e l’austerità implementate durante il suo mandato da premier. Senatore a vita dal 2011, nominato da Giorgio Napolitano. Ha fondato il partito Scelta Civica nel 2013. È una figura di spicco nel panorama economico e politico europeo.