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USA: la pandemia ha svuotato i centri città

Downtown vuote, non c’è stato l’atteso ritorno al lavoro “in presenza” e ora si fanno i conti con le chiusure e gli sfitti

  • 17 maggio 2023, 12:00
  • 13 settembre 2023, 12:21

Gli USA e le città che si svuotano

Telegiornale 16.05.2023, 20:00

Di: Massimiliano Herber / TG / redMM

Le grandi città americane sono piene di uffici vuoti. La fine dell’emergenza pandemica non ha segnato la fine di un obbligo che negli ultimi tre anni è divenuto un’abitudine. Chi durante la pandemia lavorava da casa, non torna più in ufficio. È un fenomeno molto americano, negli Stati Uniti soltanto tra il 40 e il 60 per cento degli impiegati ha abbandonato il telelavoro, ma anche in Europa si sta facendo i conti con questa eredità e ovunque chi ha detto addio al lavoro da remoto spesso ha optato per una soluzione ibrida (tornando fisicamente al lavoro solo per due-tre giorni a settimana).

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Le conseguenze di questo sorprendente lascito del Covid-19 rischiano di essere devastanti per le città dove chiudono bar e ristoranti del centro e aumentano a dismisura gli sfitti. “Se la gente non torna a lavorare a downtown, spiega l’analista Bailey McConnell al Telegiornale, non spende più in centro, così le imposte sulle vendite diminuiscono. E se gli impiegati non tornano in ufficio il valore degli edifici diminuisce e le imposte immobiliari calano”. Un campanello d’allarme per gli amministratori locali: per l’erario del distretto di Washington si stimano minori entrate per 190 milioni di dollari.

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La statistica del viavai nelle città in base all’intensità del segnale dei cellulari.

A Washington si è calcolato che appena il 50 % degli impiegati sia tornato in ufficio; agli impiegati federali o delle grandi istituzioni internazionali come la Banca Mondiale o il FMI, per esempio, viene chiesto un minimo di un giorno di lavoro in presenza. A New York è stato stimato che gli uffici oggi vuoti occuperebbero lo spazio di 26 grattacieli come l’Empire State Building. Solo il turismo gonfia le percentuali delle attività nelle città, chi più chi meno, desolatamente svuotate.

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L’esperienza pandemica del telelavoro segna una svolta culturale che interroga datori di lavoro (sugli spazi di lavoro adeguati da affittare) e allarma gli impresari immobiliari, alle prese con un crollo del valore dei loro stabili. È ancora presto per intravvedere un calo nel costo degli affitti in centro, è forse tardi per rendersi conto come – a differenza di molte realtà europee – l’idea di città americana con gli uffici in centro e le zone residenziali lontane nei sobborghi abbia reso “downtown” delle isole abbandonate al loro successo. “È necessario ripensare a centri città dove la vita scorre 24 ore su 24 tutta la settimana”, esorta Anthony Lanier, uno dei più noti imprenditori della Capitale, ma se la crisi dei centri svuotati sottolinea un’idea urbanistica superata, la soluzione dinanzi alla nuova concezione del lavoro pare non essere ancora all’orizzonte.

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