Prima di leggere quanto segue è consigliabile guardare il video realizzato da Resy Canonica, nemmeno un paio di settimane fa. "C'è chi - conclude il video - nonostante tutto ciò resiste. Si è giocato tutto per arrivare fino a qui e da qui vuole proseguire". Il qui è Idomeni, uno sperduto villaggio della Grecia orientale a poche centinaia di metri dal confine con la Macedonia.
Domenica, a Idomeni, tra coloro che, provenienti dalla Siria devastata dalla guerra, avevano deciso di restare per continuare il proprio viaggio, si sparge, a metà mattinata, la voce che i macedoni hanno aperto un varco nel confine. In altri termini: il viaggio può proseguire. Il tempo di raccogliere in sacchetti di plastica quelle poche cose necessarie per proseguire il viaggio ed ecco che molti di coloro che campeggiano a Idomeni si dirigono verso la ramina di filo spinato eretta per tenerli lontani. La polizia macedone li vede arrivare in massa. Loro vedono che non c'è alcun varco nel confine e allora vi si scagliano contro. È affare di un attimo. La polizia macedone lancia gas lacrimogeni, bombe assordanti e anche proiettili di gomma. Loro rispondono con sassi o fumogeni non ancora esplosi. È il caos. Bilancio 300 feriti tra i migranti. Trenta di loro in modo grave.
Immmagini di una battaglia per la libertà
Ci scrive Paolo Tomasini, un volontario impegnato, in modo indipendente, a Idomeni: "Le forze dell'ordine macedoni non si sono limitate a sfollare le centinaia di persone che tentavano di forzare la frontiera. Hanno letteralmente bombardato il campo profughi di lacrimogeni. Oggi (domenica, ndr) abbiamo soccorso tantissima gente. Quasi la metà di loro erano bambini. L'aggressione è stata così violenta da costringere la polizia greca a rispondere".
m.c./AFP/Reuters/ansa
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