"Contribuire a salvare vite è una motivazione costante"

Sembravano destinate a scomparire ma i recenti conflitti dimostrano come si faccia ancora largo uso delle mine anti-uomo. Un’arma che miete vittime soprattutto fra i civili e che impedisce, ad esempio, la produzione agricola anche decenni dopo la fine di un conflitto armato.

Quattorcento milioni di dollari: è questa la cifra che la Banca mondiale stima per le spese di sminamento umanitario unicamente per l’anno in corso e nella sola Ucraina. Se si considerano anche le bombe inesplose e gli obici già presenti, su circa il 30% del territorio nazionale (come afferma il Governo ucraino) per l’insieme dei lavori di sminamento umanitario i costi raggiungono le decine di miliardi, suddivisi in numerosi anni, forse decenni, di lavoro.

Oltre all’Ucraina, in totale sono 60 gli stati contaminati dai diversi ordigni bellici inesplosi che ogni giorno causano 16 vittime. Al trattato di Ottawa che vieta la produzione, la vendita e l’uso delle mine anti-uomo hanno finora aderito 164 stati ma fra questi mancano paesi importanti come Stati Uniti, Russia, Cina, India, Pakistan, Egitto o Iran.

Questo flagello, contro il quale si era battuta la principessa Diana 26 anni orsono, non è stato ancora debellato ma per il ticinese Stefano Toscano, Ambasciatore e Direttore del Centro internazionale di Ginevra per lo sminamento umanitario (GICHD), “non ci si può permettere di smettere di combattere. La diplomazia rimane uno strumento insostituibile perché “alla fine bisogna potersi parlare, potersi capire, per trovare un modo di funzionare assieme: è solo così che riusciremo a risolvere i problemi”.