Blu come un'arancia

Le Alpi nel Cinquecento

di Franco Brevini

  • 1 ottobre 2018, 18:50

BLU COME UN'ARANCIA
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La prima grande descrizione dell’alta montagna risale al Cinquecento e reca un imprinting inconfondibilmente svizzero. Fu l’umanista Iosia Simler con il suo trattato latino "De Alpibus Commentarius” ad affrontare per primo in età moderna il tema della montagna, manifestando una nuova attenzione ai dati della realtà. L'intento di Simler era di diffondere con carità di patria fra i dotti dell’epoca la conoscenza della storia e delle caratteristiche della propria terra, oggetto nelle fonti classiche di giudizi spesso duri e sprezzanti, riconfermati dalle invettive cinquecentesche contro gli svizzeri, che l’Europa conosceva soprattutto a causa delle milizie mercenarie al servizio dei sovrani dell’epoca.

Nel trattato di Simler, come nei libri di Konrad Gessner, di Aegidius Tschudi, di Johannes Stumpf, all’interno di un orizzonte culturalmente inusitato come quello nord-alpino, dove peraltro sta nascendo l’Europa moderna, le montagne cominciano a diventare oggetto di un’attenzione meno simbolica e più pratico-operativa. E per cominciare vengono sottratte agli stereotipi della tradizione classica, non meno che alla convenzione dei loci horridi tramandati dai viaggiatori alpini. Purtroppo, quei libri resteranno fenomeni isolati. Per incontrare caratterizzazioni altrettanto positive del mondo alpestre dovremo attendere ancora a lungo. Sarà un altro svizzero, il poeta-scienziato Albrecht von Haller, a rilanciare, ma ormai in pieno Settecento, immagini e sensazioni dei suoi pionieristici predecessori. Eppure, le pagine di Simler e degli altri umanisti elvetici sono ancora di straordinario interesse, in quanto per la prima volta il mondo remoto delle vallate alpine viene osservato e descritto con uno sguardo vivacemente realistico.

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