“Un anno, a partire da lunedì. Dopo Silenzio” di John Cage, Shake Edizioni (dettaglio di copertina)
La Recensione

“Un anno, a partire da lunedì. Dopo Silenzio”

La musica è anche un mezzo di trasporto rapido

  • shake.it
  • 11.4.2024
  • 22 min
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  • Letteratura
  • Musica
Di: Franco Fabbri

Un libro denso, multiforme, che sotto molti aspetti assomiglia a una composizione (o a una raccolta di composizioni) del suo autore. Il volume raccoglie saggi di John Cage che non sono stati inclusi nella sua antologia più nota, Silenzio (Silence: Lectures and Writings), uscita nel 1961 e pubblicata in italiano da Feltrinelli nel 1980, e poi riedita dal Saggiatore nel 2019. La raccolta attuale era già uscita in inglese nel 1979. Il traduttore, in entrambi i casi, è Giancarlo Carlotti, con la collaborazione (per questo nuovo volume) di Ermanno “Gomma” Guarneri. Aprendo a caso il libro è molto probabile incontrare impaginazioni non standard (per un libro di saggi), che rimandano alla poesia d’avanguardia degli anni in cui i testi sono stati scritti. Si scopre poi che almeno in qualche caso l’impaginazione è pensata per facilitare la lettura in pubblico da parte dello stesso autore, per disciplinare il ritmo, il dosaggio delle parole e delle pause. Nella concezione di musica di Cage – musica come “produzione di suono”, senza aggettivi – il confine fra una performance musicale e una conferenza è evanescente, come ci ricorda il famoso evento al Teatro Lirico di Milano nel dicembre del 1977, dove Cage lesse per circa due ore un suo testo, seduto a una scrivania, scatenando l’insofferenza di un pubblico di “creativi” che aveva creduto di assistere a un concerto di chissà quale avanguardia. Gli argomenti sono disparati, ma se c’è una traccia comune la si può trovare nel modo lucido, disincantato, col quale Cage parla della contemporaneità. Qualcuno lo prendeva come ironia, come stranezza, come ingenuità, o anche come indifferenza. Cage osservava, e ne traeva le conseguenze. Nel 1952, in una conferenza alla Juilliard School of Music, richiesta dagli studenti, poteva affermare: «Oggi la nostra poesia è capire che non possediamo nulla.» Tema che poi divenne, nel 1966, «Ci stiamo liberando della proprietà, sostituendola con l’uso.» Chi avrebbe potuto dire, allora, che mezzo secolo dopo la condivisione sarebbe diventata il principio per salvare il mondo dalla rovina? Eppure, lo stesso Cage evitava i toni profetici, e precisava che quello che diceva si basava sulla sua pratica della musica: «Certo, le mie opinioni scaturiscono dal campo musicale. Il quale, per così dire, è un gioco da bambini.»

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