Fiat voluntas sua
Mettersi nei panni di chi ha dovuto votare sì o no al piano Fiat nello stabilimento di Mirafiori è impossibile e certo scomodo. Queste donne e questi uomini, 5500 persone, hanno dovuto operare una scelta per il loro futuro sobbarcandosi il peso di una scelta per l’Italia e più in generale per tutta la vecchia Europa confrontata con luoghi di produzione molto più concorrenziali dei suoi: leggi Cina, leggi India, leggi est del mondo. Accettare di perdere qualcosa pur di rimanere concorrenziali con un “estero” apparentemente disposto ad accettare tutto pur di lavorare. Una scelta non facile che i lavoratori hanno dovuto prendere sentendo oltre al peso personale della scelta, le voci della politica, dei sindacati, dell’opinione pubblica tutta. Votare sì alla busta paga da 1000 euro e nel contempo dire sì a quel piano segreto di rilancio “fabbrica Italia” che vale 20 miliardi di investimento per l’Italia. Due scelte in un solo voto. Ai lavoratori è stato chiesto un sacrificio – e la maggioranza ha detto sì – ed a loro è stato promesso un ritorno. I precedenti fanno ben sperare: a Detroit il sacrificio dei lavoratori chiesto da Marchionne ha portato i frutti promessi e le fabbriche non solo non hanno chiuso, ma vanno bene. Non è facile capire se questo succederà anche in Italia anche se è lecito sperarlo. Importante però capire chi controllerà che questo avvenga. Chi vigilerà sul rispetto dei patti dato che da questa vertenza il mondo sindacale italiano esce quantomeno frastornato? Ne discuteremo a Modem con Donata Canta, Pietro Ichino e Giovanni Balcet.
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