Sarà davvero un accordo spartiacque, quello sull’imposizione fiscale ai lavoratori frontalieri firmato quasi un anno fa tra Svizzera e Italia? Adesso è (quasi) il tempo di rendere operativa l’intesa lungamente attesa. Che aprirà un nuovo capitolo, archiviando il trattato in vigore dal 1974 che stabilisce la tassazione esclusivamente in territorio elvetico.

Dopo quasi mezzo secolo, il nuovo regime di fiscalità non entrerà però subito in vigore.

Per gli attuali frontalieri sarà mantenuto lo stesso trattamento impositivo, mentre si applicherà per quelli “nuovi” a partire dal 1° gennaio 2023.

Non solo. Ma è prevista una fase di transizione per i prossimi - parecchi – anni, durante i quali le autorità elvetiche continueranno a versare i ristorni ai comuni della fascia di confine.

Tutti soddisfatti nella Svizzera Italiana?

Non proprio. C’è chi contesta il regime transitorio, che secondo i sindacati invece offrirebbe invece una forma di tutela agli attuali frontalieri.

E chi chiede di affrontare al più presto le questioni tuttora irrisolte sul piano delle relazioni economiche tra Berna e Roma.

Compreso l’accesso delle banche svizzere al mercato italiano per la gestione patrimoniale. Anche di questo si dovrebbe dibattere in queste ore a Palazzo Federale, con una mozione di Marco Romano.

Quali i nodi irrisolti di questo Accordo? Quali le criticità? Servirà davvero per attenuare le pressioni sul mercato del lavoro, in particolare quello ticinese?

Al Medienzentrum di Berna ne parliamo con 2 ospiti in studio:

-Marco Romano, consigliere nazionale PLR e autore della mozione

-Lorenzo Quadri, consigliere nazionale della Lega dei Ticinesi e membro del Gruppo UDC

Al telefono:

Chiara Braga, deputata italiana del PD, ha seguito la trattativa Italia-Svizzera