Slo-veni, vidi, vici: anche il 2025 è stato l’anno di Pogacar

Ci eravamo lasciati a dicembre 2024 con Tadej Pogacar che aveva sostanzialmente fatto il bello e il cattivo tempo in ogni gara a cui aveva preso parte. Facciamo un salto temporale di 365 giorni e troviamo... Tadej Pogacar, che ha fatto il bello e il cattivo tempo in ogni gara a cui ha preso parte. Lo sloveno ha esteso il suo dominio a nuovi continenti, sbaragliando la concorrenza e salendo praticamente sempre sul podio.

Un’annata iniziata a braccia alzate con il successo all’UAE Tour a febbraio e chiusa con la cinquina al Giro di Lombardia; nel mezzo poi i trionfi fiamminghi al Fiandre, alla Freccia Vallone e alla Liegi, fino ad arrivare allo strapotere mostrato prima al Delfinato e poi al Tour de France, il quarto della sua straordinaria carriera. Gli è mancata la Roubaix, ma siamo sicuri che sarà solo questione di tempo per quello che ormai si è affermato come il più grande ciclista di tutti i tempi.

Abbiamo accennato all’espansione del regno di Pogacar, estesosi anche all’Africa. C’erano grandi incognite per il primo Mondiale di sempre organizzato nel continente nero, e invece Kigali e tutto il Ruanda hanno risposto presente. Strade perfette, organizzazione esemplare e un calore da parte della popolazione che hanno reso questa scelta vincente. Vincente proprio come Tadej, che ha replicato l’impresa dell’anno prima a Zurigo lasciando tutti di sasso con una fuga trionfale. Non gli è però riuscita la clamorosa doppietta, perché nelle prove contro il tempo il più forte resta il campione olimpico in carica, Remco Evenepoel. I due hanno poi replicato i rispettivi successi pochi giorni dopo ai Campionati Europei.

“Le Tour, c’est moi!”: parafrasando Luigi XIV, Pogacar si è travestito da Re Sole illuminando - col giallo della sua tenuta - tutta la Francia per la quarta volta. Poco ha potuto Jonas Vingegaard, eroico nel suo ritorno ai massimi livelli dopo gli infortuni che lo avevano tenuto lontano dalle strade per diverso tempo ma costretto ad accontentarsi del secondo posto. Il danese si è poi rifatto in terra spagnola, conquistando in grande stile una Vuelta segnata dalle proteste pro-Palestina. A esultare invece in Italia è stato Simon Yates, che è riuscito sulle ultime montagne a piegare la resistenza di Isaac Del Toro.

Pure la stella della UAE però ha dovuto inchinarsi a Mathieu van der Poel, specialista nelle corse di un giorno. Il nipote di Raymond Poulidor si è messo in tasca il terzo trionfo consecutivo nell’Inferno del Nord, secondo a riuscirci nel dopoguerra dopo Francesco Moser (1978-1980), oltre alla E3 Harelbeke e alla Milano-Sanremo.

E la Svizzera? I rossocrociati hanno potuto sorridere grazie a Marlen Reusser, laureatasi campionessa mondiale ed europea a cronometro e capace di conquistare un Tour de Suisse dominato dal primo all’ultimo metro. C’è stata però gloria pure per Elise Chabbey, vincitrice del Tour de Romandie, e Linda Zanetti, che ha trovato i primi successi tra le grandi trionfando alla Vuelta della Comunità Valenciana e nella seconda tappa del Giro di Polonia.

Poche, invece, le soddisfazioni in campo maschile. E pensare che la stagione si era aperta al meglio con Mauro Schmid capace di imporsi nella Great Ocean Race: un successo che rimarrà l’unico in ambito World Tour. Jan Christen ha infatti solo sfiorato il colpo grosso nella Classica di San Sebastián, giungendo secondo, per il resto però nessun acuto. Nessuna vittoria di tappa, nessuna classica. Solo tanta delusione specialmente a Mondiali ed Europei, dove i vari Stefan Küng, Stefan Bissegger e Marc Hirschi hanno fatto solo da comparse.