Società

Gaza e le nuove forme di urbicidio

Quando distruggere una città diventa una strategia programmatica che produce profondi traumi psicologici

  • 11 novembre, 08:52
Distruzione

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  • reuters
Di: Red. 

Di urbicidi nella storia ce ne sono stati molti. Nella seconda guerra mondiale ci sono stati i casi di Dresda, Amburgo, Varsavia, per non parlare di Hiroshima e Nagasaki. Ma negli ultimi 30 anni ci sono state forme molto ricorrenti ed esensive, di attacco alla infrastrutture civili (scuole, abitazioni, ospedali, strade) sia al patrimonio culturale. Francesco Bandarin, già direttore del Centro del patrimonio mondiale e vicedirettore dell’UNESCO dal 2010 al 2018, ci parla del caso di Aleppo, sottolineando come nel diritto internazionale ci sia un vuoto legislativo nel tutelare questo patrimonio.

Io mi sono molto occupato della di Aleppo, che ha vissuto quattro anni in una ferocissima guerra che contrapponeva il governo siriano ai suoi oppositori e con interventi di altre potenze come la Russia o la Turchia o altri. Praticamente la vera vittima di questo conflitto è stata la città:. 50.000 abitazioni distrutte, 3 milioni di profughi, la città storica rasa al suolo, quella attorno alla grande cittadella millenaria. A farne le spese sono stati i grandi monumenti: la grande moschea di Aleppo, i suk e i caravanserragli, quello che era considerato a livello mondiale delle vere e proprie meraviglie dell’umanità.

Il Medio Oriente purtroppo ha avuto moltissimi episodi di questo tipo. Voglio citarne un paio: la distruzione quasi completa di Mosul, una delle città storiche più importanti dell’Iraq e il caso Homs, importante città della Siria. Si tratta di distruzioni che annullano l’identità civica e che creano degli apolidi, persone che non hanno più un riferimento, un’identità culturale.

La distruzione delle città storiche crea un vuoto culturale che genera fratture profonde. I sopravvissuti diventano apolidi, esuli che necessitano di assistenza psicologica. Sarà questo il grande problema dello sterminio dei palestinesi e dell’urbicidio di Gaza.

Quando le comunità non hanno più un legame con la loro terra, con la loro storia, si creano dei traumi psicologici. Gli operatori internazionali che curano queste queste popolazioni conoscono benissimo queste difficoltà. Il primo problema di Gaza sarà l’assistenza psicologica alla popolazione. 2 milioni di persone che da un anno girano come come fantasmi in mezzo alle rovine cercando disperatamente di sopravvivere. Centinaia di migliaia di bambini, di donne confrontate con lo sradicamento. Il primo problema sarà recuperare un equilibrio minimo di carattere psicologico.

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Urbicidio

Alphaville 06.11.2024, 11:30

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